Nato a Meta di Sorrento il 30 dicembre 1911, fu ordinato sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere il 22 settembre 1934. L’anno successivo venne inviato in missione a Kaifeng, città della provincia cinese dello Henan. Dopo il martirio del locale vescovo Tacconi, il giovane Pollio resse le sorti della Missione che si trovava nei territori occupati dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale.
Il 12 dicembre 1946 fu nominato arcivescovo di Kaifeng, ricevendo l’ordinazione nel successivo 13 aprile 1947. Nel giugno 1948 la sua regione fu sconvolta dallo scontro tra nazionalisti e comunisti: questi ultimi, presa la città di Kaifeng, inizialmente lo forzarono a staccarsi dall’autorità della Chiesa cattolica per aderire alla Chiesa riformata, cioè al “Movimento della triplice indipendenza”. Monsignor Pollio però si oppose, perché questo Movimento negava alcuni dogmi della Chiesa, prevedeva la separazione dal Papa e strumentalizzava politicamente il Cattolicesimo. Nel Natale del 1950 ebbero inizio le persecuzioni contro i cattolici e nazionalisti, Il primo aprile 1951 il missionario del PIME venne arrestato e condotto in carcere con l’accusa di essere imperialista, invasore e nemico del popolo. Fu sottoposto ad un regime carcerario estremamente duro. Scriveva infatti che: «Fui addetto ai lavori più umili, più avvilenti e ripugnanti. Insieme con ex-generale dell’esercito nazionalista, con un professore d’università e con altri detenuti dovevo impastare lo sterco con la terra, riempirne dei cesti e caricarli sui carretti».
Monsignor Pollio dopo “l’espulsione” dalla Cina con tre compagni di prigionia (il secondo da sinistra)
La sua detenzione durò sei mesi, durante i quali il missionario subì 32 processi penali. L’arcivescovo raccontava di come vennero mosse contro di lui accuse inventate e pronunciate da falsi testimoni per portarlo a confessare delitti che non aveva mai compiuto. Le colpe più gravi che gli vennero attribuite erano due: quella di avere istituito la “Legio Mariae” che, secondo i maoisti, sarebbe stata un’organizzazione sovversiva con lo scopo di abbattere il regime del popolo nell’interesse degli imperialisti; e quella di avere sospeso dai sacramenti gli aderenti alla chiesa nazionale. Scriveva così nel suo diario «Le torture dei comunisti cinesi sono terribili; le confessioni, con la morte che ne segue o con la condanna ai lavori forzati, sono l’unica via per mettere termine a una vita impossibile. I giudici stavano fiaccando il mio fisico».
Tuttavia la volontà e la fede di monsignor Pollio non vennero annientate e l’Arcivescovo riuscì a celebrare clandestinamente la Santa Messa per ben 52 volte. Nell’agosto del 1951 il regime, a causa della sua resistenza, decise di trasferirlo nel carcere del tribunale militare, dove le torture erano ancor più disumane e dove venivano rinchiusi i peggiori criminali.
La testimonianza di Monsignor Pollio si conclude con il racconto dell’umiliante giudizio popolare, a cui fu sottoposto insieme a due altri suoi compagni missionari e che avrà come esito il suo esilio da Kaifeng e dalla Cina nell’ottobre del 1951. «Davanti a quel furore popolare, nel sentire tante infami calunnie, e alla vista di quei pavidi cristiani, nel mio animo prevalse un sentimento: quello del perdono. Perdonali tutti».
Monsignor Pollio con Papa Giovanni XXIII
Nell’ottobre del 1951 fece finalmente ritorno in Italia. Nonostante la sofferenza e le umiliazioni patite, monsignor Pollio concludeva così il suo diario: «Ora sono in patria» in Italia. «E, pur sentendomi circondato da affetto e stima, il mio cuore è rimasto laggiù; è rimasto a Kaifeng. È un cuore che piange sulle distruzioni, sulle chiese profanate, sulla sanguinosa bufera che ha travolto le nostre missioni mettendo a dura prova i cristiani. Un’unica speranza mi sostiene nell’esilio; riprendere il cammino, varcare di nuovo i mari, ritornare laggiù a Kaifeng per vivere il resto della vita fino all’ultimo respiro per la ricostruzione della missione, per l’espansione del regno di Gesù».
Dopo un periodo passato presso il PIME, l’8 settembre 1960 fu nominato Arcivescovo di Otranto. Il 5 febbraio 1969 fu nominato Arcivescovo di Salerno e amministratore perpetuo di Acerno. Fece il suo ingresso in diocesi il 13 aprile 1969. Il 4 agosto 1973 fu nominato anche Vescovo di Campagna.
Dal 9 novembre 1968 al 5 febbraio 1969 fu Amministratore apostolico della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca.
Colpito da una grave malattia, il 20 ottobre 1984 rassegnò le dimissioni da Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno.
Monsignor Pollio con Paolo VI
L’arcivescovo tornò di nuovo a Salerno, il 2 aprile 1990, per ricevere la cittadinanza onoraria, decisa all’unanimità dal Consiglio Comunale della Città. Sarebbe tornato ancora in città e qui fu sepolto, nella Cattedrale, alla sua morte.
Morì il 13 marzo 1991.
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