1 – S. Bonosio: Ritenuto il primo vescovo di Salerno dalla tradizione sostenuta dal Liber confratrum. E’ riportato dalla lapide fatta scolpire da Alfano I nel 1081 in occasione della ricognizione delle reliquie dei vescovi salernitani, venuta alla luce nel 1958. La Chiesa locale, fino alla riforma del 1975, gli rese l’onore del culto il 14 maggio; attualmente se ne ha memoria il 15 dello stesso mese fra i santi vescovi della città.
2 – S. Grammazio (+ 490): Nel 1026 esisteva in città una chiesa dedicata al suo culto. In essa, il 29 marzo 1670, l’arcivescovo Carafa, che ne aveva decretato la demolizione, rinvenne una lapide che indicava la morte del santo al 25 gennaio 490, all’età di 41 anni. La tradizione lo indica immediato successore di s. Bonosio, salernitano, di nobile famiglia. La Chiesa locale gli rese l’onore del culto il 12 ottobre.
3 – S. Vero: E’ chiamato dal Liber confratrum, forse per errore di trascrizione, Ursus. La Chiesa salernitana gli rese l’onore del culto il 15 ottobre. Il martirologio romano lo commemora il 23 dello stesso mese: «Presso Salerno San Vero Vescovo».
4 – S. Valentiniano: Tradizionalmente santo, è variamente appellato: Valerius, Valentinus, Valentinianus. Con quest’ultimo nome è riportato dalla lapide di Alfano I e nel breviario salernitano del 1443. La liturgia locale lo commemorava il 3 novembre.
5 – Gaudenzio (499): Partecipa al sinodo generale del marzo 499 celebrato a Roma, in S. Pietro, da papa Simmaco e lo sottoscrive: «Gaudentius episcopus ecclesiae salernitanae subscripsi».
6 – S. Asterio (536-555): Gli atti del sinodo di Costantinopoli, nella sentenza emessa nel 536 contro il patriarca Antimo e i vescovi Severo, Pietro, Zoara e altri, furono sottoscritti anche da Asterio, vescovo di Salerno. Dopo circa venti anni, nel 555, lo si incontra ancora in quanto papa Pelagio gli invia una lettera che lo autorizza a consacrare l’oratorio edificato dall’abate Vindimio in onore dei santi Crisante e Daria nel monastero dal medesimo fondato «iuxta muros civitatis salernitanae».
Il Liber confratrum riporta; «sanctus Austerius episcopus». La lapide di Alfano I ha inciso, sebbene scalpellato, «S. Austerii». Il martirologio romano lo commemora il 19 ottobre, così come faceva la liturgia locale. Nel 1331 esisteva in Roma la chiesa di S. Eusterio, vescovo salernitano.
7 – Gaudioso (640): Sembra sia stato vescovo fra la fine dell’occupazione greca e la conquista longobarda, intorno al 640. Compare nel Liber confratrum, non sulla lapide di Alfano I.
Tradizionalmente, avrebbe evitato lo scontro armato fra i salernitani e gli invasori longobardi e avrebbe avuto il dono di essere inteso, nelle rispettive lingue, da greci e barbari adunati insieme. Il martirologio romano lo commemora il 26 ottobre come santo, ma, forse, per confusione con s. Gaudioso vescovo di Bitinia; infatti, l’Ufficio napoletano ignora Gaudioso di Salerno e festeggia s. Gaudioso Africano, nonostante il Nostro, da fonti tarde, sia detto oriundo napoletano.
8 – Luminoso (649): Gli atti del sinodo romano, celebrato dal 5 al 31 ottobre 649 da papa Martino I, registrano la sua presenza.
Fra il 649 e il 774 non esiste documentazione circa i vescovi di Salerno. In questo periodo, secondo una lista dell’XI secolo, si incontrerebbero sette Pastori:
9 – Zaccaria;
10 – Colombo;
11 – Lupo;
12 – Renovato;
13 – Benedetto I;
14 – Talarico;
15 – Andemario.
16 – Rodoperto (774-oltre il 787): Dal Chronicon salernitanumrisulta vescovo al tempo di Arechi II: «per idem tempus sanctae ipsius ecclesie Rodopertus episcopus preerat». Da questa indicazione piuttosto vaga non si può dedurre che l’episcopato di Rodoperto abbia compreso l’intero arco di tempo del duca; quindi non se ne può precisare l’anno di inizio. Certo è che nel 774 lo troviamo impegnato, con Davide, vescovo di Benevento, e con altri Pastori del ducato, nella trattativa che convinse Carlo Magno, giunto fino a Capua, a rinunciare a marciare su Benevento e Salerno. Durante il suo episcopato, Arechi erige il palazzo con l’annessa chiesa dei Ss. Pietro e Paolo, il che determina il trasferimento “de facto” della corte longobarda nella nostra città. L’epoca della sua morte non è precisabile, poiché il Chronicon è generico: «longeva etate […] huius vite corsus explevit». Certo è che sopravvisse allo stesso Arechi, morto il 26 agosto 787, poiché, «ab amore tanti viri», sulla tomba sua e del figlio Romoaldo, morto il 21 luglio precedente, fece elevare un monumento.
17 – Rodoalto: Durante il suo governo pastorale si svolsero avvenimenti che prepararono l’avvento del suo successore: l’invasione e la presa di Canosa da parte degli agareni, seguite dall’esilio di quel vescovo, Pietro, che con non pochi suoi fedeli raggiunse Salerno. La morte di Rodoalto sarebbe avvenuta dopo qualche tempo dall’arrivo di Pietro in città, poiché il Chroniconriporta: «dum vero Salernum aliquod tempore cum suis [Pietro] remansisset, Rodoalt iam dictum episcopum diem clausit extremum».
18 – Pietro I: Cognato del principe Grimoaldo, costretto a lasciare la propria sede di Canosa per l’invasione degli agareni, si rifugia a Salerno. La scelta si spiega sia con la parentela di cui sopra, sia con la posizione raggiunta dalla nostra città, ormai capitale consolidata del principato. Appare evidente che Pietro dovette essere ospite gradito al clero e alla “plebe Dei” della Chiesa salernitana; infatti, alla morte di Rodoalto, fu eletto con suffragio unanime. Resse la diocesi con saggezza e prudenza: «ipsam iam dictam ecclesiam moderantissime gubernaret». Fece costruire «de suo sumptu» una chiesa dedicata a s. Giovanni Battista «iuxta predictam sedem sanctam», ossia presso l’antica Cattedrale, chiesa che non poté portare a termine perché «divina vocante potentia de hac luce extractus».
19 – Ractolo: Il Chronicon si limita ad una scarna nota: «quo [Pietro] defuncto, Ractolus quidam episcopus ordinarunt».
20 – Mainaldo: Alla morte di Ractolo, riferisce il Chronicon, «Magnaldus episcopus ordinarunt».
21 – Teupo: Il Chronicon lo dice immediato successore di Mainaldo: «dum ipse de hac luce migrasset, idipsum Teupus episcopus elegerunt».
22 – Aione (841): Il documento che ci permette di fissare un riferimento temporale per questo episcopato è un diploma del principe Siconolfo dell’agosto 841, con il quale egli concede ad Aione, vescovo di Salerno, il monastero di S. Pietro de Palatio, con terre e mulini sul fiume Irno. Il Chronicon attesta la successione a Teupo, la statura morale, l’opera svolta: «Quo mortuo [Teupo] preclarissimum quidem Alorem episcopum ordinarunt. […] Fuit autem vir bonus ecclesieque reparator […] fecit autem mire pulchritudinis lectorium ex gipso».
23 – Landemario: Il Chronicon riferisce soltanto che fu oriundo della zona nocerina: «ex Nucerie finibus fuerat ortus» e successore di Aione.
24 – Bernaldo (843-855): Il Chronicon dice Bernaldo «Ex civitate Latiniana ortus», eletto al tempo del principe Siconolfo. Ne evidenzia le qualità morali, «coangelicus presul», e l’attività pastorale, «ecclesie reparator». Egli completa con affreschi e campanile la chiesa di S. Giovanni Battista, lasciata incompiuta dal predecessore Pietro, e nella stessa trasporta, dalla chiesa posta sulla riva occidentale del fiume Irno, i corpi dei santi martiri Fortunato, Caio e Anthes. Al tempo dei principi Sicone e Pietro viene gravemente offeso dall’ospitalità da questi accordata ad un capo musulmano proprio nella casa ove egli era solito dimorare. A seguito di ciò lascia la città e raggiunge Roma, ove si trattiene per un periodo non precisabile. Pregato prima dagli stessi principi, quindi dal clero e dal popolo, ritorna a condizione che venga costruita una nuova sede vescovile, «quamvis exigua». Al tramonto della vita Bernaldo fa costruire una chiesa dedicata al Salvatore, decorata nella pavimentazione, nella volta e nelle pareti, arricchendola delle reliquie di s. Felice e altri santi collocate nell’altare.
25 – Pietro II (855-861): Il Chronicon riferisce: «Mortuo […] bone memorie Bernaldus statim suum filium [del principe Ademario] Petrum electum sublimarunt». Sembra che Pietro non sia stato prescelto per elezione del clero e del popolo, ma imposto dal padre, che mirava ad ingerirsi negli affari della Chiesa. Guaiferio coglie il momento del massimo scontento popolare. Assale il palazzo e imprigiona Ademario. Il vescovo Pietro riesce a fuggire e si rifugia nel castello di S. Angelo a Monteauro, presso Olevano. Dopo breve resistenza, «spontanea voluntate», si arrende. Come sia finito non è dato sapere.
26 – Rachenaldo (862-872?): Il Chronicon indica, anche se con approssimazione, l’epoca di inizio dell’episcopato di Rachenaldo quando lo dice prescelto da Guaiferio: «erat episcopus ab ipso Guaiferio preordinatus». Evidentemente, il vincitore si affrettò a sostituire il figlio dello sconfitto; e ciò dovette avvenire nell’862 o, al più tardi, nell’863. Il suo è un governo episcopale travagliato, turbato dalla presenza continua e minacciosa dei saraceni nei dintorni di Salerno, sottoposta ad assedio per circa un anno. Indelebile rimane nella memoria storica del cronista la profanazione della chiesa dei Ss. Fortunato, Caio e Anthes, ove gli assedianti commettono ogni sorta di nefandezze. Forte si insinua nel presule un senso di frustazione, fino al desiderio di abbandonare il ministero. Oltre al Chronicon, un solo documento fra quelli giunti fino a noi, dell’866, lo ricorda vescovo. Lo stesso Chronicon è vago circa la fine del suo episcopato.
27 – Pietro III (874?-888?): Salerno risulta sede vacante nel febbraio-marzo 873, quando papa Giovanni VIII indirizza una lettera al «clero et ordini salernitano» per prescrivere che il presbitero Lupenardo sia giudicato dal nuovo presule, «cum fuerit consacratus», e da altri sei vescovi. Il primo documento che ci tramanda il nome di Pietro è dell’880. Nel marzo 882, a richiesta del principe Guaimario e della madre Landelaica, concede il decreto di esenzione dalla giurisdizione vescovile alla chiesa di S. Massimo. Nell’886 Stefano V scrive a «Petro eletto salernitano» invitandolo a recarsi a Roma per farsi ordinare vescovo. Successivamente l’invito si trasforma in ingiunzione perentoria, con la minaccia di considerarlo «sanctorum canonum transgressor et apostolicae censurae violator», poiché deteneva la santa Chiesa salernitana, «tot retroactis temporibus», come invasore. Contemporaneamente il Papa scrive al principe Guaimario per informarlo ufficialmente della resistenza di Pietro e per comunicargli che se questi ancora si ostina a resistere all’invito, il clero e il popolo della Chiesa salernitana dovranno procedere ad eleggere «statim» altra persona idonea e «ad sedem apostolicam pro sacrando deferre». Ignoriamo se Pietro cedette a quest’ultimo invito e alle pressioni che, forse, Guaimario gli fece o si ostinò nel rifiuto e, quindi, decadde dal ministero episcopale. Così come ignoriamo i motivi della sua singolare ostinazione.
28 – Pietro IV (917): Un istrumento per la permuta di un terreno «in loco Felline» con una corte «in Quarracano» ci presenta «Petrus gratia Dei episcopus sancte sedis salernitane ecclesie» nel 917.
Il Liber confratrum riporta due vescovi di nome Pietro fra di loro succedutisi fra l’880 e il 917.
29 – Giovanni I (918): L’unico atto di questo prelato giunto fino a noi è quello con il quale, nel 918, esenta dalla giurisdizione vescovile la chiesa di S. Lucia di Balnearia, in territorio di Cava.
30 – Pietro V (936-949): Il vescovo Pietro compare in un documento del 936 riguardante una controversia sorta fra l’avvocato dell’episcopio e Mauro per il possesso di terreni con vigneti; chiamato a giudicare, egli definisce la vertenza a favore di Mauro. Nel 940 rivela le sue sollecitudini pastorali nell’atto con il quale concede a tre fratelli amalfitani una proprietà dell’episcopio in cui è edificata una torre con la chiesa di S. Felice. Le condizioni di affidamento prevedono il restauro della chiesa e dello stabile annesso, la ripresa del culto con la residenza dei sacerdoti addetti, un dignitoso sostentamento offerto ad essi, la continuità nella dipendenza della chiesa da lui e dai vescovi successori. In questo documento si ha una indiretta biografia del vescovo Pietro: non solo pastore vigilante del culto divino, dell’assistenza spirituale dei fedeli, della cura per il clero, ma anche attento custode del patrimonio della Chiesa. Nel 946 Gisulfo I, a sua richiesta, concede alla Cattedrale i beni degli ecclesiastici defunti senza eredi siti ovunque nel territorio del principato. L’ultimo documento che lo ricorda è del maggio 949: in una controversia per diritti di proprietà su beni siti in Aiello fra Maione e Maria, coniugi, e l’abate di S. Massimo viene esibito un suo decreto.
31 – Bernardo (954): Il vescovo Bernardo è tradizionalmente associato al trasporto in Salerno del corpo di s. Matteo, che sarebbe avvenuto il 6 maggio 954. Il primo documento che compie tale operazione è l’elenco dei vescovi salernitani redatto in appendice alle costituzioni del Sinodo Colonna del 1579 che, per altro, gli assegna il numerale II, evidentemente considerando “primo” il presule di cui al n. 24: «Bernardus secundus A. D. 954 die 6 maji translatum fuit Corpus beati gloriosissimi Apostoli et Evangelistae Matthaei in Ecclesia Salernitana». Le narrazioni dell’evento anteriori al 1579 tacciono sul nome del vescovo in carica al 954. Documenti coevi che lo citino non sono giunti fino a noi.
32 – Pietro VI (958-974): Caro a Gisulfo I, da cui ebbe fiducia e stima, fu suo consigliere e, molto probabilmente, medico personale. Nel 958 lo stesso principe, a sua richiesta, concede all’episcopio salernitano le proprietà che possiede nella zona del Trauso, verso i fiumi Cornea e Tusciano. Nel 968 Gisulfo, prima di intraprendere il viaggio per incontrarsi a Capua con l’imperatore Ottone I, va a pregare nell’antica Cattedrale e si accomiata dal vescovo: «at sic commeato accepto a sanctissimo Petro». Poche parole sufficienti a farci intendere non solo le virtù del presule, ma anche la venerazione che ha per lui il principe. Nel 974 una controversia sorta fra il chierico Alfano e Leone di Atrani per il possesso di terreni con vigne siti in località Felline viene definita alla presenza del vescovo Pietro.
33 – Giovanni II (977-982): Nel 977 Giovanni, «divina favente clementia» presule salernitano, dichiara che avendo la Mensa vescovile terreni in varie località, incolti, con scarsa o nessuna rendita, intende cederli all’amalfitano Lupeno con metà della chiesa di S. Felice sita a Fonti, ricevendo in cambio dieci libbre d’argento. Il 23 aprile 978 è indicato: «Johannes episcopus salernitane ecclesie datarius apostolicus». Nello stesso anno, in alcuni atti del 979 e l’8 novembre 980 si firma: «Johannes episcopus salernitane ecclesie substitutus bibliotecarius s. sedis apostolice». L’ultimo documento che ricorda Giovanni è il diploma con il quale l’imperatore Ottone II, da Taranto il 18 aprile 982, conferma alla Chiesa salernitana donazioni e privilegi elargiti dagli antichi principi della città.
34 – Amato I (982-993): Dobbiamo distinguere nel ministero di Amato due periodi: il primo come vescovo, il secondo come arcivescovo. L’imperatore Ottone II, dopo la disastrosa battaglia di Stilo nella lotta contro bizantini e saraceni, prima di rientrare a Roma, il 18 agosto 982 incontra a Capaccio Amato, nuovo vescovo di Salerno e suo amico. Con diploma che sarà promulgato da Capua il successivo 2 novembre, gli concede conferme e nuovi privilegi, fra cui quello della “immunità”. Non è giunto fino a noi il documento della promozione di Amato a primo arcivescovo. Tuttavia, elementi indiretti ci orientano fra il giugno e il 10 luglio 983. Infatti, in giugno, in un atto di permuta di terre, Amato è detto ancora vescovo; il 10 luglio muore Benedetto VII, al quale si deve la elevazione di Salerno a sede metropolitana.
Gli arcivescovi dal 983 al 1500
Dopo che Capua (14 agosto 966) e Benevento (26 maggio 969) erano state elevate a sedi metropolitane, probabilmente i principi di Salerno esercitarono pressioni per ottenere alla loro capitale la stessa dignità; ma dovettero essere soprattutto considerazioni di carattere politico ad indurre il papato al passo. Infatti, alla metropoli di Salerno vengono sottoposte, quali suffraganee, accanto a Pesto e Conza, tre diocesi poste nella valle del Crati: Cosenza, Malvito e Bisignano; una nella Puglia bizantina: Acerenza; una nel territorio conteso a Napoli: Nola.
L’ultimo documento che cita l’arcivescovo Amato è del giugno 992. Il Liber confratrum, nel frammento del calendario, pone al 3 marzo «Amatus primus salernitanus archiepiscopus» per la celebrazione dell’anniversario.
35 – Dauferio (993): Il Liber confratrum lo dice «presbiter» e «electus», collocandolo fra Amato e Grimoaldo.
36 – Grimoaldo (994-1011): Il 25 marzo 994 Giovanni XV gli conferma tutti i diritti e privilegi della Chiesa salernitana, fra cui quello di ordinare i vescovi delle diocesi suffraganee. Nel 1005 consacra a Vietri sul Mare la chiesa «in honore sancte Dei genitrix et in honore sancti Johannis baptiste», ricostruita dopo la distruzione da parte dei saraceni. Il Liber confratrum lo ricorda per l’anniversario il 26 maggio. Ove ciò fosse corretto, sarebbe morto tale giorno del 1011, poiché nel maggio 1012 Sergio IV conferma il successore.
37 – Michele (1012-1015): Il 3 gennaio 1015 l’arcivescovo Michele partecipa al sinodo lateranense celebrato da Benedetto VIII e ne sottoscrive un documento riguardante il monastero di S. Fruttuoso di Genova. Il Liber confratrum lo ricorda per l’anniversario il 29 maggio. Ove ciò fosse corretto, sarebbe morto tale giorno del 1015, poiché il 25 aprile 1016 Benedetto VIII conferma il successore.
38 – Benedetto II (1016-1019): Il 25 aprile 1016 papa Benedetto VIII conferma «confratrem nostrum Benedictum in ordine archiepiscopatus, quem ab eadem salernitana plebe regulariter electum esse comperimus». Nell’aprile 1019 i principi Guaimario III e Guaimario IV, a sua richiesta, confermano alla Chiesa salernitana donazioni e privilegi concessi da imperatori, re, duchi e principi predecessori.
Benedetto muore il 7 giugno 1019.
39 – Amato II (1019-1031): E’ confermato arcivescovo di Salerno da Benedetto VIII con bolla del 27 dicembre 1019. Gli sono riconosciute le diocesi suffraganee di Pesto, Nola, Conza, Acerenza, Bisignano, Malvito e Cosenza. Gli è conferito il pallio con l’invito a recarsi a Roma per riceverlo insieme alla consacrazione episcopale. Amato viene a trovarsi in una delicata situazione per l’atteggiamento del principe Guaimario, il quale, seguendo l’esempio del cognato Pandolfo di Capua, indulge in favore dei greci abitanti in Salerno, dando l’impressione di subire l’influenza bizantina. Tanto provoca l’intervento dell’imperatore Enrico II, che nel 1020 assedia la città. Il 31 maggio dello stesso anno, da Troia, l’imperatore concede all’arcivescovo il riconoscimento rituale di donazioni e privilegi. Allontanatosi dall’Italia Enrico, Amato non mancherà di chiedere al restaurato principe Guaimario una nuova conferma, che viene concessa nel maggio 1023. Il Liber confratrum elenca Amato II arcivescovo e come successore un altro Amato prima di Giovanni; per l’anniversario lo ricorda il 12 giugno, che deve essere quello del 1031, poiché del marzo 1032 è la conferma del successore.
40 – Amato III (1032-1046): E’ confermato arcivescovo di Salerno con bolla di Benedetto IX del marzo 1032. Nel maggio dello stesso anno giunge il rinnovo rituale di donazioni e privilegi da parte di Guaimario IV.Gisulfo II avrebbe concesso all’arcivescovo Amato III e alla Chiesa salernitana diritti feudali su casali e castelli con un diploma di cui sono giunte fino a noi soltanto copie alquanto sospette. Infatti, esse ignorano Guaimario, cui Gisulfo fu associato fino al 1052, e risultano datate V anno del suo principato, marzo X indizione. Ora, nel corso del ministero di Amato III, la X indizione ricorse fra il settembre 1041 e l’agosto 1042, quando, però, nel marzo, Gisulfo non era stato ancora associato al trono. D’altronde, ove si volesse ipotizzare un errore nell’indizione, nel marzo del V anno di principato di Gisulfo (1047), non era più arcivescovo Amato, ma il suo successore Giovanni.
41 – Giovanni III (1047-1057): Clemente II, con bolla del 18 febbraio 1047, conferma la promozione di Giovanni, vescovo di Pesto, ad arcivescovo di Salerno. Egli dovette essere molto stimato dal popolo, dal clero e dal principe Guaimario, perché la sua nomina avviene col concorde suffragio di tutti. Leone IX, successore di Clemente II, con bolla del 22 luglio 1051, nell’elargire le solite conferme, aggiunge la prerogativa di poter istituire nuove diocesi nell’ambito del territorio metropolitano. Amato di Montecassino riferisce che Giovanni, infermo, il 5 maggio 1054 avrebbe avuto una visione di s. Matteo e una predizione riguardante lui stesso, papa s. Leone IX, i normanni e la fine del principato longobardo. Lo stesso autore colloca la morte dell’arcivescovo all’8 settembre 1054; ma nel 1057 egli risulta ancora vivente. Secondo alcuni autori, fra Giovanni e Alfano I vi sarebbe stato un altro arcivescovo di nome Pietro; di lui unica traccia è la nota dorsale di una pergamena dell’archivio diocesano: «Petrus Archiepiscopus Salernitanus electus a. 1054», ma si tratta di una annotazione tarda, mentre fori e macchie di umidità impediscono la lettura proprio ove dovrebbe essere il nome del presule. Il Liber confratrum elenca soltanto Giovanni fra Amato III e Alfano I.
42 – Alfano I (1058-1085): Di nobile famiglia, coltiva la musica, la poesia, la medicina. Conosce il monaco Desiderio, venuto in città in cerca di cure mediche. Esposto a pericoli, forse perché i suoi fratelli sono coinvolti nella congiura che porta all’uccisione del principe Guaimario (1052), parte per Benevento, ove rimane per qualche tempo nel monastero di S. Sofia. Dopo aver raggiunto, con Desiderio e l’arcivescovo di Benevento, Vittore II a Firenze, ottiene di entrare nel monastero di Montecassino. Nel 1057, richiesto da Gisulfo II, è eletto abate di S. Benedetto. Stefano IX, suo amico e confratello nell’abbazia di Montecassino, lo promuove arcivescovo l’8 marzo 1058. Con bolla del 24 seguente gli conferma diritti e privilegi; per la prima volta compare come suffraganea di Salerno la diocesi di Martorana e per l’unica volta quella di Cassano. Nel marzo 1066 erige la diocesi di Sarno, di cui nomina Riso primo vescovo. Nel 1067 farà altrettanto per Nusco e fra il 1070 e il 1080 per Acerno.
Il 1° ottobre 1071 interviene alla solenne consacrazione della basilica di Montecassino, eretta dall’amico Desiderio. Il 13 dicembre 1076, dopo un assedio che durava da maggio, Roberto il Guiscardo entra in città; dovrà lottare ancora fino agli inizi di giugno prima che Gisulfo II, rifugiato nel castello, sia convinto ad arrendersi dalla promessa di lasciare libero la città; si recherà prima a Napoli e Capua, quindi a Roma. Alfano si ritrova con il duca Roberto irretito dalla scomunica fin dal 1074, rinnovata dal sinodo romano del 24-28 febbraio 1075. La vicenda si conclude felicemente con l’incontro di Ceprano fra il Guiscardo e Gregorio VII del 29 giugno 1080. Forse casualmente, nel settembre successivo sono già in corso i lavori per la edificazione del Duomo normanno e in ottobre Roberto conferma alla Chiesa salernitana beni, prerogative e quant’altro. Nel luglio 1084 giunge a Salerno Gregorio VII; consacra la nuova Cattedrale prima di morire il 25 maggio 1085. Alfano muore il 9 ottobre successivo.
43 – Alfano II (1086?-1121): Forse eletto fin dal 1086, è ordinato arcivescovo di Salerno il 21 marzo 1087, a Capua, da Vittore III. Il 20 luglio 1098 Urbano II gli conferisce la dignità primaziale con bolla emessa a Salerno per mano del cancelliere cardinale diacono Giovanni. Nel documento, il Papa spiega le ragioni che lo hanno indotto ad onorare la Chiesa salernitana: perché detiene i corpi di s. Matteo; dei martiri Fortunato, Caio e Anthes; di Gregorio VII. Vengono sottoposte alla sede primaziale di Salerno gli arcivescovi di Conza e di Acerenza, già sue diocesi suffraganee. Muore il 28 agosto 1121.
44 – Romualdo I, cardinale (1121-1137): Il 15 settembre 1121 Callisto II, che si trova a Salerno, consacra arcivescovo il diacono cardinale Romualdo. Nell’ottobre successivo il duca Guglielmo concede a lui e alla Chiesa salernitana la Giudaica della città, con giurisdizione sui suoi abitanti. A Romualdo si deve il pavimento del transetto della Cattedrale nello stile decorativo proprio del XII secolo, con mosaici policromi e grandi dischi di porfido e marmo alabastrino. Con la morte del duca Guglielmo e la successione di Ruggiero, l’arcivescovo Romualdo viene a trovarsi in una difficile posizione: ligio ai normanni, si mantiene loro amico anche quando sorge il conflitto fra lo stesso Ruggiero e Onorio II, che si rifiuta di riconoscerlo perché Guglielmo avrebbe donato il ducato al patrimonio di S. Pietro.
Alla morte di Onorio II sono eletti (1130) Innocenzo II e l’antipapa Anacleto. Quest’ultimo viene a Salerno nel marzo 1131 ove sostiene l’arcivescovo Romualdo, che evidentemente a lui aveva aderito, in una vertenza che lo opponeva a Roberto di Capua. Romualdo muore il 21 gennaio 1137. Non risulta si sia sottoposto al Papa legittimo prima di morire.
45 – Guglielmo (1137-1152): Originario di Ravenna, già arcivescovo eletto di Capua, forse viene ordinato da Innocenzo II, che si trova a Salerno alla fine di luglio del 1137. Il suo nome è legato alla costruzione del poderoso campanile del Duomo, come si rileva dall’epigrafe murata sul lato che guarda a mezzogiorno; inoltre cinge l’altare maggiore con ricche balaustre marmoree con decorazioni musive. Muore il 7 luglio 1152.
46 – Romualdo II Guarna (1153-1181): Oltre che Pastore zelante e munifico, fu letterato, medico e politico. In data imprecisata arricchisce il Duomo del prezioso ambone che da lui prende il nome, artisticamente rilevante per la parte scultorea e le decorazioni musive, più piccolo del posteriore di Nicola d’Aiello, ma certamente di maggiore eleganza. Scrive il Chronicon salernitanum, testo fondamentale per la conoscenza di personaggi e avvenimenti a lui coevi e antecedenti, molti dei quali assenti in altre fonti. Nel 1166, nella chiesa di S. Maria in Palermo, unge e incorona re di Sicilia il dodicenne Guglielmo II; quindi rimane presso la corte quale familiare e consigliere in aiuto alla regina Margherita, che cura l’amministrazione del regno «ob Willelmi secundi infantiam». L’anno successivo il Re dona alla Chiesa salernitana il feudo di Montecorvino. Nel 1177 concorre alla firma del trattato di pace di Venezia fra l’imperatore Federico Barbarossa e Alessandro III. In riconoscenza, e anche per riverenza verso le tombe di s. Matteo e di Gregorio VII, il pontefice concede a lui e ai suoi successori il privilegio, all’epoca singolare, di farsi precedere, in città e nella provincia ecclesiastica, dalla croce inalberata. Secondo il Liber confratrum Romualdo muore il 1° aprile 1181, XIII indizione; ma l’aprile XIII indizione era 1180.
47 – Nicola d’Aiello (1182-1222): Figlio di Matteo, vice cancelliere del Regno di Sicilia, risulta arcivescovo il 21 febbraio 1182. Nel 1189 muore Guglielmo II. I normanni proclamano re Tancredi, conte di Lecce, che viene riconosciuto da Clemente III. L’imperatore Enrico VI, che ritiene il Regno di Sicilia spettante alla moglie Costanza, figlia di Ruggiero II, scende in Italia. Costretto a rientrare in Germania, lascia l’imperatrice a Salerno; ma i cittadini favorevoli a Tangredi la traggono da Castel Terracena e la inviano a Palermo. L’azione vendicatrice di Enrico VI si sviluppa nel 1194; arriva a Salerno il 17 settembre, riesce ad entrare in città, la pone a sacco e imprigiona molti eminenti cittadini, fra cui l’arcivescovo. Nicola è condotto prima a Palermo, ove Enrico VI si fa incoronare re, quindi in Germania, ritenendolo l’imperatore fra i maggiori fautori dell’opposizione al suo potere in Italia Meridionale. Rimarrà prigioniero ben oltre la morte dello stesso Enrico, nonostante le scomuniche minacciate da Innocenzo III e la mobilitazione di vescovi italiani e tedeschi. Nel 1199 il presule è dichiarato libero, anche se si ritarda ancora il suo ritorno in diocesi. Il suo nome legato alla edificazione nella Cattedrale dell’ambone maggiore. IlLiber confratrum riporta: «A.D.I. MCCXXI indictionis X decimo die intrante mensis februarii ob. dominus Nicolaus Salernitanus archiepiscopus». Si tratta di una datazione ab incarnatione corrispondente al 10 febbraio 1222; infatti l’indizione X ricorse dal settembre 1121 all’agosto 1222. Il Manoscritto Pinto (Biblioteca Provinciale di Salerno, manoscritto 19), ff. 6-11, famiglia Aiello, lo dice morto nel 1223 citando proprio il Liber confratrum (?) e aggiunge: «fu sepolto in terra avanti l’ingresso del coro con sepoltura in marmo».
48 – Cesario de Alagno (1225-1263): Dopo la morte dell’arcivescovo d’Aiello la diocesi di Salerno rimane a lungo sede vacante. Federico II tenta di bloccare le nomine legittime dei Pastori di Aversa, Brindisi, Capua, Conza e Salerno, arrivando a disporre affinché il clero e il popolo di tali diocesi respingano i prelati nominati dal Papa chiudendo loro non solo le porte delle chiese, ma delle stesse città. Onorio III, finalmente, il 25 settembre 1225, promuove arcivescovo di Salerno Cesario, amalfitano, vescovo di Famagosta dal 1213. Egli si adopera per restaurare le prerogative della Chiesa salernitana depauperate prima dalle vicende del suo predecessore, poi dalla vacanza della sede; incoraggia il sorgere del francescanesimo in diocesi e in città; emana norme per il rafforzamento del culto di s. Matteo, in particolare nella cripta della Cattedrale. Muore il 31 agosto 1263.
49 – Matteo della Porta (1263-1273): Il 17 novembre 1263 Urbano IV designa arcivescovo di Salerno Matteo della Porta, salernitano, suo cappellano e familiare; ma egli dovrà attendere la morte di re Manfredi (1266) prima di poter accedere in diocesi. Nel 1272 compie uno degli atti più rilevanti del suo episcopato: la donazione della chiesa di S. Paolo de Palearea, con altri beni, all’ordine dei predicatori, per una loro adeguata sistemazione in città. Muore il 25 dicembre 1273.
50 – Filippo (1286-1298): Con la morte di Matteo della Porta, la diocesi di Salerno rimane sede vacante per dodici anni. Divisioni nel clero e difficoltà per la successione di sei papi nel giro di nove anni ritardano la nomina, nonostante la elezione del successore avvenga ancora regnante Gregorio X (+ 10 gennaio 1276). Onorio IV, finalmente, il 7 marzo 1287 conferma l’eletto Filippo affidandone la consacrazione al vescovo di Ostia. Nel 1288 l’arcivescovo è coinvolto in una triste vicenda che vede un acceso conflitto, anche a mano armata, opporre i canonici della Cattedrale ai frati minori; citato a presentarsi davanti al pontefice (Nicolò IV), si rifiuta. Ancora il 18 marzo 1296 Bonifacio VIII scrive al legato apostolico nel Regno di Napoli per invitare Filippo a presentarsi a lui entro quindici giorni essendo sorti nuovi inconvenienti. Chiude il suo tormentato episcopato nel 1298.
51 – Guglielmo de Godonio (1298-1305): Dopo le vicende che avevano caratterizzato l’elezione e l’episcopato di Filippo, la S. Sede avoca a sé il diritto di elezione del successore sottraendolo al clero e al Capitolo. La prima designazione cade su Pietro, cancelliere del Re, ma egli rifiuta. Allora Bonifacio VIII, con bolla da Rieti del 3 ottobre 1298, elegge Guglielmo de Godonio, francese della Provenza, cancelliere di Roberto duca di Calabria. Con lo stesso documento, il Papa dichiara inutile qualsiasi tentativo di nomina da parte di altri. Ma Guglielmo non raggiungerà la diocesi, che nel 1302 troviamo amministrata dal suo procuratore Pagano Sicardo; nel 1304 egli non risulta ancora consacrato, ma soltanto “eletto”. Finalmente, la sua consacrazione episcopale avviene il 29 giugno 1304. Muore il 4 settembre 1305.
52 – Guido de Collemedio (1306): Fu notaio apostolico, nominato vescovo di Cambrai il 21 ottobre 1296 e promosso alla Chiesa salernitana, che non raggiungerà mai, il 22 gennaio 1306. Muore ad Avignone quello stesso anno, a circa quattro mesi dalla nomina.
53 – Berardo (1306-1307): Viene eletto il 4 giugno 1306. Probabilmente era semplice chierico, poiché il Papa gli prescrive di ricevere tutti gli ordini minori, i maggiori e l’ordinazione episcopale da un vescovo di sua scelta. Il 9 dicembre dello stesso anno risulta ancora “eletto”. Il 2 agosto 1307 Berardo di qualifica «electus consacratus» e ricorda che, per consuetudine della Chiesa salernitana, l’arcivescovo, in una festa a sua scelta, offre il pranzo al Capitolo e soddisfa a ciascun chierico «de choro» mezzo tareno, a quelli «de stallo» cinque grana e a quelli «di scannello» due grana e mezzo; egli fissa alla festività di tutti i santi tale adempimento da parte sua. Non avrà modo di adempiere alla consuetudine, poiché muore il successivo giorno 7.
54 – Isarno Morlane (1310): Il Capitolo, a scrutinio segreto, fa convergere i propri voti su Francesco Caranzio e Giovanni de Ruggiero. Il primo rinuncia, il secondo risulta quale “eletto” il 16 aprile 1309, ma non sarà mai consacrato. Il 12 giugno 1310 Clemente V trasferisce a Salerno, dalla sede metropolitana di Lunden, in Danimarca, l’agostiniano Isarno Morlane, prima vescovo eletto di Carcasson, quindi arcivescovo di Riga. Ancora una volta la S. Sede avoca a se la provvista della diocesi, anzi stabilisce il principio generale che nel futuro ciò avverrà per tutte le cattedrali rese vacanti. Il 14 luglio il Papa lo ammonisce ad usare il pallio soltanto nei giorni indicati nei privilegi concessi alla Chiesa salernitana. Non raggiungerà mai Salerno: muore ad Avignone qualche mese dopo la nomina.
55 – Roberto Arcofate de Malovicino (1310-1313): Il 14 ottobre 1310 Clemente V nomina arcivescovo di Salerno il suo cappellano e tesoriere Roberto Arcofate. La S. Sede continua a deplorare lo stato di abbandono della diocesi che, fra sede vacante, repentine morti e arcivescovi trattenuti altrove, non riesce a ritrovare una continuità nell’opera dei suoi Pastori. In realtà, i pontefici non si adoperano effettivamente alla soluzione del problema, ma continuano ad eleggere prelati distratti da altre incombenze, a queste deputati dalla stessa Sede apostolica. Il 26 febbraio 1311 Roberto ottiene una proroga fino al Natale per l’ordinazione episcopale e la ricezione del pallio. Il 2 agosto successivo è in Francia per conto di Clemente V. Il 16 dicembre gli viene accordata una ulteriore dilazione dell’ordinazione fino all’ottava di Pentecoste, essendo ancora impegnato nella missione pontificia. Finalmente riceve l’ordinazione nella Pentecoste del 1312 da Umberto, arcivescovo di Napoli. Il 6 agosto 1312 è in sede e chiede al Papa la facoltà di poter effettuare la visita pastorale della città e della diocesi. Esattamente un anno dopo è trasferito alla sede di Aix in Provenza.
56 – Onofrio (1313-1320): Il 6 agosto 1313 Clemente V, avendo trasferito quello stesso giorno Roberto, nomina arcivescovo di Salerno Onofrio, suo cappellano, ancora suddiacono. Il 28 marzo 1314 affida la consacrazione a Nicola, vescovo di Ostia, e gli conferisce il pallio. E’ il primo arcivescovo, oltre un secolo dopo la prigionia di Nicola d’Aiello, a risiedere stabilmente in sede e per un tempo sufficiente a svolgere un impegno pastorale. Con bolla del 18 novembre 1314 passa in rassegna gli inconvenienti, gli arbitri, i soprusi accumulatisi negli ultimi trent’anni. Denuncia le usurpazioni di immobili, le sottrazioni di istrumenti e altre scritture, la depredazione di paramenti e argenteria, la manomissione di censi e rendite della Chiesa. Ancora nel 1318 lo troviamo ricorrente al principe Carlo, vicario del Regno, contro i governanti della terra di Eboli che impediscono all’archiepiscopio di esercitare il libero dominio su un fondo denominato “Pecta”. Muore ad Avignone nel 1320.
57 – Bertrando de la Tour, cardinale (1320): Francescano, il 3 settembre 1320 è nominato arcivescovo di Salerno da Giovanni XXII. Il 21 ottobre è ordinato dal presule di Frascati Berengario e riceve il pallio. Il 19 dicembre è promosso cardinale prete del titolo di S. Vitale. Non raggiunge mai la diocesi: si dimette alla fine di quello stesso anno. Il martirologio francescano lo ricorda come beato il 30 luglio.
58 – Arnaldo Royard (1321-1330): Francescano, francese della provincia di Aquitania, è nominato arcivescovo di Salerno da Giovanni XXII il 30 aprile 1321. Il 31 maggio riceve le lettere testimoniali dell’ordinazione episcopale e il 9 giugno il pallio. Nel 1324 Carlo re di Napoli gli riconosce, quale prelato pro tempore della Chiesa salernitana, il possesso feudale di Montecorvino e Olevano. Il 27 giugno 1330 è trasferito alla sede di Sarlat, in Francia. Il 12 dicembre successivo ottiene dal metropolita e dal Capitolo di Bordeaux, di cui era divenuto suffraganeo, di poter conservare l’uso del pallio che godeva quando era arcivescovo di Salerno.
59 – Orso Minutolo (1330-1333): Canonico diacono della Chiesa napoletana, è eletto arcivescovo di Salerno il 30 giugno 1330. Riceve l’ordinazione episcopale il 30 settembre presso la Sede apostolica. Con bolla del 3 novembre 1331 ricorda le consuetudini della Chiesa salernitana, fra le quali quella dell’offerta ai chierici di un pranzo annuale in un giorno da scegliersi dall’arcivescovo, che egli individua nella festa di s. Geronimo. Il 21 dicembre dello stesso anno riceve mandato dal Papa, che si sofferma a lodarne la saggezza e la prudenza, di immettere Lorenzo, vescovo eletto e ordinato, nel possesso della diocesi di Ariano, essendo stata dimostrata la sua innocenza in relazione ad accuse che gli erano state mosse. Muore a Napoli il 3 dicembre 1333 ed sepolto in quella Cattedrale.
60 – Benedetto de Palmiero (1334-1347): Arcidiacono di Capua, originario di Napoli, è eletto arcivescovo di Salerno il 18 febbraio 1334 pur non essendo ancora sacerdote. Riceve il pallio il 17 marzo. Precedentemente era stato nominato, con scrutinio fatto presso la Sede apostolica, Riccardo de Ruggiero, arcidiacono della Chiesa salernitana, che rinuncia venendogli offerta la sede di Capua. Il 3 febbraio 1335, benché eletto e consacrato da circa un anno, Benedetto non è ancora a Salerno; lo sarà il 27 settembre successivo. Nel 1336 la sua buona fede è sorpresa da alcuni ecclesiastici, che propalano la notizia della morte di Giovanni Guglielmo, canonico di Tour, titolare di alcuni benefici nella città e nella diocesi, ove era stato vicario generale dell’arcivescovo Arnaldo. Benedetto provvede di nuove nomine tali benefici provocando l’intervento del Papa, che incarica il vescovo di Cassino e il canonico napoletano Gerardo de Valle di reintegrare nei benefici il legittimo titolare. Dopo circa 13 anni di governo pastorale, muore nei primi mesi del 1347.
61 – Ruggiero Sanseverino (1347-1348): Canonico napoletano, cappellano del Papa, eletto arcivescovo di Bari il 24 marzo 1337 con dispensa per difetto di età e di ordini, è trasferito a Salerno il 23 maggio 1347 da Clemente VI. Il 17 luglio il Capitolo cattedrale chiede per lui il pallio. Il 29 ottobre 1347 il Papa gli concede la facoltà di assolvere dalla scomunica, insieme al vescovo di Cassino, quei chierici che avevano consigliato o favorito il matrimonio fra Giovanna, regina di Sicilia e Luigi di Taranto. Muore, forse, intorno alla metà del 1348: il 2 ottobre di quell’anno la Chiesa salernitana è sede vacante «per mortem […] domini Rogerii».
62 – Bertrando de Castronovo (1349-1364): Francese della diocesi di Mende, eletto arcivescovo di Taranto nel 1348, il 7 gennaio 1349 è trasferito a Salerno, prima ancora di essere ordinato. I quindici anni del suo episcopato sono segnati da una lotta tenace contro la piaga dell’usurpazione dei beni arcivescovili e del possesso illegittimo di chiese e benefici da parte di alcuni ecclesiastici. Il 22 aprile 1350 il Papa si rivolge a Tommaso, Ruggiero e Roberto Sanseverino esortandoli ad assistere Bertrando nel recupero di beni; evidentemente, l’arcivescovo è costretto a chiedere l’appoggio pontificio e l’efficace intervento dei potenti Sanseverino affinché, dopo anni di manomissioni, sia restituito il possesso di cespiti appartenenti alla Chiesa salernitana. L’8 gennaio 1364 è trasferito alla diocesi di Embrun, in Francia.
63 – Guglielmo Sanseverino, cardinale (1364-1378): Il 15 gennaio 1364 Urbano V, escludendo qualsiasi forma di designazione che non sia quella pontificia, nomina arcivescovo di Salerno Guglielmo Sanseverino, suddiacono, prevosto di Aix in Provenza. Nel maggio 1366, aderendo alla richiesta del Capitolo, concede la facoltà di costruire, nella navata destra della Cattedrale, una cappella sotto il titolo della SS. Trinità con sepoltura per i canonici. Guglielmo è creato cardinale il 18 settembre 1378 con il titolo di S. Eusebio. Muore il 24 novembre dello stesso anno.
64 – Giovanni Acquaviva (1378-1382): La figura di Giovanni appare sulla scena in un momento molto difficile per la storia della Chiesa: l’inizio dello scisma d’occidente. In questo periodo doloroso si ha il triste spettacolo di vedere in molte diocesi due vescovi, in parecchi monasteri due abati, in tante parrocchie due parroci, dei quali l’uno fedele al papa di Roma, l’altro all’antipapa di Avignone. A Bartolomeo Prignano, eletto l’8 aprile 1378 con il nome di Urbano VI, un gruppo di cardinali oppone, il 20 settembre successivo, Roberto dei Conti di Ginevra con il nome di Clemente. Alla fine del 1378 Giovanni, arcivescovo di Amalfi, è trasferito a Salerno dall’antipapa Clemente. Contemporaneamente Guglielmo de Altavilla (per il quale si veda al n. 66) è eletto arcivescovo della nostra città da papa Urbano VI. Quasi immediatamente Giovanni è inviato in Ungheria «pro certuis arduis negotii» dalla regina Giovanna e dallo stesso antipapa, mentre in diocesi sono costituiti due vicari scismatici. Giovanni muore nel 1382.
65 – Roberto (1382): Il 2 luglio 1382 l’antipapa Clemente trasferisce a Salerno Roberto, vescovo di Valva-Sulmona. Sembra sia rimasto soltanto “eletto”.
66 – Guglielmo de Altavilla, cardinale (1378-1389): Alla fine del 1378 papa Urbano VI lo nomina arcivescovo di Salerno. Nel febbraio dell’anno successivo depone Pietro, abate della SS. Trinità di Cava che aveva aderito all’antipapa, facendolo sostituire, quale amministratore, dal canonico Riccardo de Ruggiero. Nel corso del suo episcopato è costretto a subire ingerenze da parte dell’antipapa Clemente tramite prelati a lui fedeli, quali l’arcivescovo di Benevento e i vescovi di Sarno e di Caserta. Nel 1382 Guglielmo è promosso cardinale diacono di S. Maria in Cosmedin e nel 1384 cardinale presbitero del titolo di S. Stefano al Celio. In quegli anni si firma commendatario e amministratore della Chiesa salernitana, come nella bolla di nomina del rettore e cappellano di S. Nicola di Ornito.
Muore a Roma il 23 luglio 1389.
67 – Ligorio Maiorino (1394-1400): Fra il 1389 e il 1394 Salerno rimane sede vacante. La diocesi è retta dal vicario canonico diacono Filippo Grillo, che il 23 giugno 1392 provvede alla rettoria e alla cappellania di S. Biagio di Lanzara a seguito della rimozione del precedente titolare seguace dell’antipapa. Ligorio Maiorino, benedettino, abate della SS. Trinità di Cava dal 1383, il 7 agosto 1394 è promosso arcivescovo di Salerno da papa Bonifacio IX. Il 15 febbraio 1400 è trasferito alla sede metropolitana di Colossi, nell’isola di Rodi, ove morirà nel 1406.
68 – Bartolomeo de Aprano (1400-1414): Napoletano, arcivescovo di Taranto, è trasferito a Salerno da Bonifacio IX il 7 marzo 1400. Nel 1405 segnala a papa Innocenzo VII i meriti e la fedeltà di Riccardo d’Aiello, primo vescovo di Cava, già chierico e canonico salernitano, eletto a quella sede il 13 agosto 1394. Muore il 9 settembre 1414 ed è sepolto nel Duomo: «In hoc tumulo iacet corpus reverendissimi in Christo Patris et domini Bartholomaei de Apriano de Neapoli, decretorum doctoris permissione divina Archiepiscopi salernitani, qui obiit ann. dom. MCCCCXIV die IX mensis septembris, VIII indict. cuius anima requiescat in pace Amen».
69 – Nicola Piscicelli (1415-1440): Cistercense, napoletano, arcivescovo di Acerenza, è trasferito a Salerno, il 21 febbraio 1415, dall’antipapa Giovanni. Dopo qualche mese ripudia lo scisma e aderisce a papa Gregorio XII. Il 20 giugno dello stesso anno la regina Giovanna II ordina a giustizieri, capitani e altri ufficiali del Regno di assistere l’arcivescovo «noviter» ordinato contro qualsiasi molestia o vessazione nell’esercizio del governo episcopale e nell’amministrazione dei beni della Mensa. Nel 1417 vede la fine dello scisma, causa non secondaria di disordine nel ministero dei suoi predecessori, con l’adesione della Regina a papa Martino V. Il 26 settembre dello stesso anno Giovanna, con un secondo diploma, consolida il prestigio e l’autorità di Nicola anche con la conferma del possesso feudale dello stato di Montecorvino, già donato alla Chiesa salernitana da re Guglielmo nel 1167. Con bolla de 5 maggio 1422 il Papa nomina Nicola collettore generale della S. Sede per esigere le decime nel Regno di Sicilia. Muore nel primo bimestre del 1440.
70 – Barnaba Orsini (1440-1449): Imparentato con il principe di Salerno Raimondo Orsini, non ancora sacerdote, ma solo «in minoribus dumtaxat ordinibus constitutus» è eletto arcivescovo di Salerno da Eugenio IV l’8 marzo 1440. Il nome di Orsini è legato ai primi interventi, di cui prove sono giunte fino a noi, di consolidamento delle strutture del Duomo. Essi sono di rafforzamento del muro meridionale con la costruzione di due barbacani di sostegno dalla parte esterna, lungo l’attuale via Roberto il Guiscardo, che conservano gli stemmi dell’arcivescovo Barnaba. Lo stesso stemma compare su un pilastro di rinforzo del muro meridionale della navata centrale. Non sono giunti fino a noi documenti che ci permettano di conoscere la data della sua morte. L’8 febbraio 1449 emette la bolla Universis et singulis con la quale sancisce che alla Frateria della Cattedrale spetta “una voce e mezza” del diritto di patronato della chiesa parrocchiale di S. Lucia de Giudaica; il 21 aprile è nominato il successore.
71 – Nicola Piscicelli II (1449-1471): Canonico napoletano, vescovo di Bisignano dal 1445, è promosso arcivescovo di Salerno il 21 aprile 1449 «favore Alfonsi Regis». Affronta il problema del diritto di patronato, largamente diffuso in diocesi, chiedendo agli interessati i titoli originari del possesso; ne esige la funzionalità in modo che possa costituire un aiuto allo sviluppo della vita religiosa, non un ostacolo, come spesso accadeva. Si preoccupa di incrementare le vocazioni ecclesiastiche provvedendo ai chierici una sufficiente base economica, come nel caso di Luigi Guardato, al quale, nell’aprile 1470, conferisce il beneficio semplice “lo arbusto de lo monaco” in Filetta perché possa continuare gli studi. Muore, probabilmente, nel primo semestre del 1471 ed è sepolto in Cattedrale.
72 – Pietro Guglielmo de Rocha (1471-1482): Spagnolo, è eletto arcivescovo di Salerno il 30 agosto 1471 da Sisto IV. A lui si deve la continuazione dei lavori di consolidamento della Cattedrale, con la costruzione di un poderoso barbacane esterno al cantone sud-orientale del transetto, come testimonia la presenza del suo stemma. Nel 1481 la diocesi risulta amministrata da un procuratore e da un vicario generale in assenza dell’arcivescovo: infatti, l’8 dicembre di quell’anno Pietro Guglielmo celebra a Roma la messa solenne alla presenza del pontefice. Muore il 18 ottobre 1482 senza essere rientrato in diocesi ed è sepolto in S. Maria del Popolo.
73 – Giovanni d’Aragona, cardinale (1483-1485): Figlio di Ferrante, re di Napoli, e di Isabella di Chiaromonte, destinato fin dall’infanzia alla carriera ecclesiastica, forse per divenire strumento politico presso la corte papale, ancora bambino, nel 1465, è nominato da Paolo II abate commendatario della badia di Cava e nel 1467 di quella di Montevergine. Sisto IV vi aggiunge nel 1471 Montecassino, nel 1472 Monte Aragon nella diocesi di Huesca in Spagna, nel 1475 S. Benedetto di Salerno. Nel 1477 è creato cardinale diacono del titolo di S. Adriano, titolo che mantiene nel 1480 divenendo cardinale presbitero; sarà successivamente trasferito a quello di S. Sabina. Il 15 gennaio 1483 è designato amministratore apostolico della diocesi di Salerno; già detiene quelle di Taranto, di Patti, di Cosenza, di Esztergom in Polonia; nel 1484 vi aggiungerà Huesca. Ancora, è protonotario apostolico e legato pontificio alla corte di Ungheria, ove regna il cognato Mattia Corvino, e in Germania. A Salerno indice un sinodo, al quale probabilmente non partecipa e di cui non redige le costituzioni. Fa costruire l’organo in Cattedrale. Muore il 17 ottobre 1485, all’età di circa 29 anni, per la peste che imperversa a Roma.
74 – Ottaviano Bentivoglio (1486-1500): Alla morte di Giovanni d’Aragona, il principe di Salerno, Antonello Sanseverino, con il consenso del Re, si arroga il diritto di presentazione dell’arcivescovo da eleggere. La scelta cade su Ottaviano Bentivoglio, di Urbino, vescovo di Melfi dal 1480, che viene trasferito da Innocenzo VIII il 10 maggio 1486. Dal 1496 il presule si assenta dalla diocesi per circa un biennio: forse segue Antonello Sanseverino, di cui è segretario, a Senigallia, dopo lo scontro di questi con Federico d’Aragona. Muore nel secondo trimestre del 1500.
75 – Giovanni Vera, cardinale (1500-1507): Nato nel 1454 ad Algeritan, diocesi di Valenza, in Spagna, è eletto il 10 luglio 1500 arcivescovo di Salerno da Alessandro VI; il 28 agosto riceve il pallio; il 28 settembre è promosso cardinale presbitero del titolo di S. Balbina. Il 28 marzo 1501 prende possesso della diocesi per mezzo di un procuratore, essendo impegnato quale legato pontificio presso i Re di Francia, Spagna, Portogallo, Inghilterra. Raramente, forse mai, è a Salerno, ove si susseguono suoi vicari. Muore a Roma il 4 maggio 1507 ed è sepolto nella chiesa di S. Agostino.
76 – Federico de Campo Fregoso, cardinale (1507-1533): Nato a Genova da nobile famiglia, rettore della chiesa parrocchiale di S. Michele in Mantova, segretario e commensale abituale del Papa, non ancora sacerdote, è eletto arcivescovo di Salerno il 5 maggio 1507. Si aggiunge alla lista dei presuli che non furono mai in diocesi. Nello stesso anno della sua elezione raggiunge Bologna per incarico di Giulio II. Nel 1513 è a Roma, ove la sua casa «a doctis hominibus mirifice frequentatur». Successivamente ritorna a Genova presso il fratello Ottaviano, governatore della città, schierandosi a favore di Francesco I di Francia contro Carlo V di Spagna e il Papa; tale gesto provoca un decreto di Leone X del 3 agosto 1521 che lo priva dell’amministrazione della Chiesa salernitana. Nel 1522, all’invasione di Genova da parte dell’esercito spagnolo, ripara in Francia, ove il Re gli conferisce in commenda la badia di Digione. Intanto la diocesi di Salerno è affidata prima a Ludovico Arrivabene, già vicario dello stesso Fregoso, poi al procuratore apostolico Lorenzo Gattinara. Il 15 aprile 1528 l’arcivescovo è reintegrato nell’amministrazione della Chiesa salernitana; vi rinuncerà nel 1533 per ritirarsi a Gubbio, di cui era stato nominato vescovo fin dal 1508. Muore l’11 novembre 1541, dopo che, il 19 dicembre 1539, era stato creato cardinale; è sepolto nella Cattedrale di Gubbio.
77 – Nicolò Ridolfi, cardinale (1533-1548): Nato a Firenze il 16 luglio 1501 da Pietro e da Contessina dei Medici, nipote di Leone X per parte della sorella, protonotario apostolico, è promosso nel 1517 cardinale diacono del titolo di S. Vito in Macello, trasferito nel 1534 a quello di S. Maria in Cosmedin e nel 1540 all’altro di S. Maria in Via Lata. Nel 1520 è amministratore della diocesi di Orvieto. Nel 1524 è eletto arcivescovo di Firenze e vescovo di Vicenza. Nel 1526 riceve l’amministrazione apostolica di Forlì; nel 1532 quella di Viterbo; nel 1533 l’altra di Imola. Alcune di queste diocesi lascerà per poterle poi riprendere, in ogni caso trattenendo per sé rendite e benefici. Il 7 febbraio 1533 Clemente VII, suo consanguineo, lo nomina amministratore perpetuo «in spiritualibus et temporalibus» dell’archidiocesi di Salerno; il 9 aprile il viceré d. Pietro de Toledo autorizza l’esecuzione della bolla pontificia. L’arcivescovo non sarà mai in città. Come il suo predecessore Fregoso, indice visite pastorali condotte da vicari che si avvicendano rapidamente. Muore a Roma il 31 gennaio 1550, avendo lasciato l’amministrazione della Chiesa salernitana nel 1548, nel corso del conclave che porterà all’elezione di Giulio III.
78 – Ludovico de Torres (1548-1553): Spagnolo di Malaga, viene in Italia al seguito di Carlo V. Il 19 dicembre 1548 è eletto arcivescovo di Salerno. Nel corso del suo episcopato non rimane in sede che per brevi periodi, valutabili, complessivamente, in non più di un anno. Fa rafforzare il muro meridionale della Cattedrale come indica il suo stemma apposto al primo barbacano. Nel 1550 restaura la parte anteriore dell’atrio; nello stesso anno fa fondere la grande campana che «ad multa passuum millia sonum emittit». Muore a Roma il 13 agosto 1553, all’età di 58 anni, ed è sepolto provvisoriamente in S. Caterina dei Funari. Successivamente la salma è trasportata nella città natale, ove viene tumulata nella Cattedrale.
79 – Girolamo Seripando, cardinale (1554-1563): Napoletano del seggio Capuano, nato probabilmente il 6 ottobre 1492 da Giovanni Ferrando e da Isabella Luisa Galeota, è battezzato col nome di Troiano; prenderà quello di Girolamo il 6 maggio 1507 entrando nel cenobio agostiniano di S. Giovanni a Carbonara, dopo essere stato nel convento domenicano di S. Caterina a Formello. Nel 1513 è ordinato sacerdote. Dal 1523 al 1538 è a capo della provincia napoletana di Carbonara. Fra il 1539 e il 1551 è generale dell’ordine degli eremitani. Partecipa alla prima fase del Concilio di Trento. Il 30 ottobre 1553 è proposto arcivescovo di Salerno da Carlo V, presso la cui corte si trova dall’agosto precedente. E’ eletto nel concistoro del 30 marzo 1554. Il 15 maggio riceve a Roma l’ordinazione episcopale; il 21 settembre, nella Cattedrale di Napoli, il pallio. Il 23 settembre entra a Salerno; non si allontanerà se non per partecipare, quale legato di Pio IV, alla fase successiva del Concilio Tridentino. Immediatamente intraprende una serie di iniziative in linea con i dettati emersi nella prima fase del Concilio: indice un sinodo e una visita pastorale; intraprende la riforma dei monasteri femminili e degli statuti del Capitolo cattedrale. E’ costretto ad abitare per il primo biennio del suo ministero nel palazzo dei Guarna, stante l’inabitabilità dell’archiepiscopio. Provvede al restauro di questi e della Cattedrale. Il 26 febbraio 1561 è promosso cardinale. Muore a Trento il 17 marzo 1563 ed è sepolto in S. Marco degli agostiniani.
80 – Gaspare Cervantes, cardinale (1564-1568): Spagnolo, nato nel 1511 a Gaete nella diocesi di Plasenzia, arcivescovo di Messina dal 1561, è trasferito a Salerno il 1° marzo 1564, tre mesi dopo la chiusura del Concilio di Trento, al quale aveva partecipato dal 1562. Immediatamente in sede, pone in atto le riforme volute dallo stesso Concilio con i mezzi prescritti: sinodo, visita pastorale, istruzione religiosa per il popolo e adeguata cultura per il clero, istituzione del Seminario. Il 13 luglio 1568, nominato da Filippo II di Spagna, è trasferito alla sede metropolitana di Terragona: Salerno perde un presule illuminato successore del riformatore Seripando; come nella nostra città, nella nuova sede tiene immediatamente un sinodo e istituisce il Seminario. E’ promosso cardinale il 17 maggio 1570. Muore il 17 ottobre 1575.
81 – Marco Antonio Colonna, cardinale (1568-1574): Figlio di Camillo, duca di Zagarolo, arcivescovo di Taranto dal 1560, prende parte attiva al Concilio di Trento dal 1561 al 1563. Il 12 marzo 1565 è promosso cardinale da Pio IV e il 15 maggio assume il titolo presbiterale dei Ss. XII Apostoli. Il 13 ottobre 1568 è nominato arcivescovo di Salerno; ma rimane a Roma, facendo parte della commissione istituita dal Papa nel 1569 per curare una edizione critica della versione latina della Sacra Scrittura. L’11 gennaio 1570 riceve il pallio. Nell’ottobre successivo apre una visita pastorale cui parteciperà personalmente solo fra il 2 e il 10 aprile 1573. Nel 1574 rinuncia alla diocesi a favore del cugino Marco Antonio Marsilio, riservandosi una pensione di quattromila ducati e il diritto di nomina sui benefici «in mensibus apostolicis» Muore il 12 maggio 1597 nel castello di Zagarolo ed è seppellito in S. Maria dei frati minori.
82 – Marco Antonio Marsilio Colonna (1574-1589): Nato a Bologna nel 1542 da Cornelio e da Lavinia Colonna, cugino per parte di madre del suo predecessore, cappellano e consigliere di Filippo II, su proposta del Re è eletto arcivescovo di Salerno da Gregorio XIII il 25 giugno 1574. Affronta il difficile problema della riforma dei monasteri femminili, ma sarà il successore a vedere i frutti del suo impegno perseverante. Visita alcune badie della diocesi, forse superando qualche resistenza da parte degli abati commendatari. Incrementa le attività del Seminario. Indice un importante sinodo e ne pubblica le costituzioni ancora oggi studiate quale testo fondamentale per la conoscenza delle problematiche dell’epoca. Il 30 giugno 1578 compie la prima ricognizione del corpo di Gregorio VII; lo trova «sacris amictum ac fere integruum». Lo vedrà proclamato santo da Gregorio XIII nel 1583. Nel 1588 è nominato da Sisto V governatore di Camerino. Muore il 24 aprile 1589. I cugini cardinali Marco Antonio e Ascanio Colonna ne fanno trasportare la salma da Camerino a Roma, ove riceve sepoltura nella chiesa dei Ss. XII Apostoli.
83 – Mario Bolognini (1591-1605): Dopo la morte di Marco Antonio Marsilio Colonna la diocesi rimane sede vacante fino al 7 gennaio 1591. In tale periodo, il 10 giugno 1589, Sisto V emette l’importante decreto per la riforma dei monasteri femminili, frutto anche del tenace lavorio del defunto arcivescovo; ancora, il 27 novembre 1589, Filippo d’Aragona autorizza gli atti per l’apertura di una casa gesuitica nella nostra città; infine le autorità civili e il Capitolo avviano ulteriori lavori di consolidamento e restauro della Cattedrale. Mario Bolognini, nato a Calatina presso Bologna da Giovanni Carlo e da Andreana de Tufo, arcivescovo di Lanciano dal 1579, poi di Crotone, è trasferito alla sede metropolitana di Salerno il 7 gennaio 1591 da Gregorio XIV. Prima preoccupazione del presule è quella di garantire al Seminario adeguate entrate, apparendo insufficiente la rendita annua di mille ducati; prima incombenza è quella di dare effetto al decreto del Papa per la riforma dei monasteri, che non pochi problemi gli causerà. Altri inconvenienti incontra nei rapporti con gli ordini monastici maschili. Per disposizione del S. Padre, fatta pervenire a tutti i presuli del Regno, si preoccupa del riordinamento degli archivi diocesani. Muore a Napoli il 23 febbraio 1597. Il corpo, deposto nella chiesa del Carmine, è trasportato a Salerno e tumulato nel convento dei carmelitani; portatisi questi, circa due secoli dopo, nell’ex complesso dei gesuiti, le ossa dell’arcivescovo vengono trasferite in quella chiesa.
84 – Giovanni Beltrano de Guevara (1606-1612): Dopo la morte di monsignor Bolognini la diocesi rimane sede vacante fino al 4 dicembre 1606. In tale periodo, nel 1605, i canonici della Cattedrale, autorizzati da Paolo V, aprono la tomba di s. Gregorio VII e ne staccano il braccio destro che inviano come reliquia alla chiesa di Soana, su richiesta avanzata già da tempo dal granduca di Toscana e dal vescovo di quella diocesi. Giovanni Beltrano de Guevara, spagnolo, su proposta del Re cattolico è nominato arcivescovo di Salerno il 4 dicembre 1606. Riceve il pallio il successivo giorno 6. Nel corso del suo ministero assume iniziative atte a migliorare le condizioni e il livello del culto: nelle chiese prescrive restauri, pavimentazioni, rifacimento delle immagini sacre, forse anche con qualche inopportuna distruzione di affreschi antichi; indice un esame personale del clero avente lo scopo di accertare la legittimità del possesso dei benefici, le rendite, le dispense ottenute per la pluralità dei possessi; entra in conflitto con i religiosi, in particolare i verginiani, cui vieta di predicare ritenendoli inabili ad illustrare al popolo le Scritture. Il 13 gennaio 1612 è trasferito alla diocesi di Badaioz, in Spagna, e il 12 gennaio 1615 alla sede metropolitana di S. Giacomo di Compostella. Muore il 22 giugno 1622.
85 – Lucio Sanseverino, cardinale (1612-1623): Nato a Napoli nel 1565 dai principi di Bisignano, arcivescovo di Rossano dal 1592, è trasferito il 19 novembre 1612 alla sede metropolitana di Salerno. Il 21 luglio 1621 è promosso cardinale da Gregorio XV e il 30 agosto successivo riceve il titolo di S. Stefano al Monte Celio. La sua attività pastorale si esplica soprattutto in accurate visite pastorali e nella definizione delle annose problematiche legate ai monasteri femminili. Ammalatosi a Roma nel corso del conclave che porta all’elezione di Urbano VIII, ritorna a Salerno e muore il 25 dicembre 1623.
86 – Gabriele Trejo de Paniagua, cardinale (1625-1627):Spagnolo, cardinale dal 2 dicembre 1615, il 2 giugno 1617 è investito del titolo presbiterale di S. Pancrazio; il 29 novembre 1621 opta per quello di S. Bartolomeo all’Isola. E’ nominato arcivescovo di Salerno il 9 giugno 1625 su presentazione di Filippo IV di Spagna e di Napoli. Forse non venne mai in diocesi. Il 28 aprile 1627 Urbano VIII lo trasferisce alla diocesi di Malaga. Muore il 2 febbraio 1630.
87 – Giulio Savelli, cardinale (1630-1642): Della nobile e antica famiglia romana, ramo di Albano, nasce nel 1574. Come il suo predecessore, è creato cardinale il 2 dicembre 1615; l’11 gennaio successivo riceve il titolo di S. Sabina, che cambia con quello di S. Maria in Trastevere il 10 novembre 1636. Arcivescovo di Ancona, rinuncia nel 1622. Il 28 gennaio 1630 succede al cardinale Trejo quale arcivescovo di Salerno. Nel 1635 affida il Seminario alla cura dei pp. gesuiti. Nel 1639 è eletto vescovo amministratore della diocesi di Frascati, ritenendo il titolo di arcivescovo di Salerno fino al 1642, quando rinuncia a favore del nipote Fabrizio. Muore a Roma nel 1644.
88 – Fabrizio Savelli, cardinale (1642-1658): Figlio di Paolo, principe di Albano, nasce a Ravenna nel 1607. Succede nella nostra diocesi allo zio cardinale Giulio il 15 settembre 1642. Riceve il pallio il 10 novembre. Al momento della nomina aveva ricevuto soltanto gli ordini minori. Il 7 ottobre 1647 è promosso cardinale da Innocenzo X; il 16 dicembre successivo riceve il titolo presbiterale di S. Agostino. Il 15 gennaio 1648 il Papa lo nomina legato pontificio a Bologna; solo nel settembre 1652 rientra a Salerno. Nel corso del suo ministero vengono effettuati in Cattedrale lavori di riparazione del tetto e di consolidamento dell’area absidale; nel palazzo arcivescovile di restauro. Dopo la morte di Innocenzo X (7 gennaio 1655) raggiunge Roma per il conclave; non tornerà più a Salerno. Il 1° aprile 1658 il Papa accoglie la sua rinuncia alla diocesi. Muore a Roma il 26 febbraio 1659.
89 – Giovanni de Torres (1658-1662): Di origini spagnole, nipote del cardinale Cosimo de Torres, nasce a Roma nel 1618. Rimane semplice chierico fino alla promozione ad arcivescovo di Adrianopoli, in Tracia, nel 1645. Lo stesso giorno della rinuncia del suo predecessore è nominato arcivescovo di Salerno. In diocesi compie due visite pastorali e celebra un sinodo. Muore nel settembre del 1662.
90 – Gregorio Carafa (1664-1675): Salerno rimane sede vacante fino al 27 maggio 1644, quando viene nominato arcivescovo Marcello Carafa, del ramo di Stadera, nato a Napoli nel 1588, che aveva assunto il nome di Gregorio il 18 ottobre 1606 entrando nella congregazione dei chierici regolari teatini; sacerdote nel 1611, era stato eletto vescovo di Cassano nel 1648. Nonostante l’età avanzata (alla nomina ha 76 anni) svolge dinamicamente la missione pastorale, indicendo in undici anni cinque visite pastorali, in parte condotte personalmente. Nel corso di una di queste, il 29 marzo 1670, decreta la demolizione della chiesa parrocchiale di S. Grammazio, il che porta al rinvenimento del sepolcro del santo vescovo salernitano morto nel 490. In Cattedrale, fra l’altro, fa costruire il pulpito, poi spostato nel 1723 al posto attuale di fronte al trono, e fa sostituire la scalea d’ingresso all’atrio con l’attuale in due rampe; nel 1668 si fa innalzare un monumento marmoreo con la sua immagine presso la cappella di Gregorio VII. Muore il 23 febbraio 1675.
91 – Alfonso Alvarez (1675-1688): Spagnolo, carmelitano scalzo, arcivescovo di Lanciano dal 1669, di Brindisi dal 1672, è nominato a Salerno il 4 agosto 1675. Il 10 gennaio 1677 inizia la prima delle sei visite pastorali che effettuerà, a volte personalmente, altre «per alios». Nel giugno 1679 chiede a Roma una proroga per la visita ad limina, essendo «di pochissima salute». Nel 1684 affida la quarta visita pastorale a d. Girolamo Prignano, vescovo di Campagna, «ob eius notoriam infirmitatem». Nel 1686 la sua infermità assume proporzioni più gravi, con paralisi al braccio e alla gamba sinistri. Il ministero pastorale di monsignor Alvarez si esplica soprattutto nella diffusione dell’insegnamento religioso, che prescrive venga effettuato «nell’ora che sarà più comoda al popolo», nella lingua «materna paisana volgare». Nel maggio 1686 celebra un sinodo diocesano, le cui costituzioni sono andate purtroppo perdute. Muore il 28 ottobre 1688, all’età di 68 anni, ed è sepolto in S. Maria di Porto Salvo, convento del suo ordine sorto per sua volontà.
92 – Girolamo Passarelli (1689-1690): Nato a Catanzaro il 20 dicembre 1637 dai baroni della Motta Placanica e Brognatura, è ordinato sacerdote nel 1661 e vescovo di Isernia nel 1673. E’ trasferito a Salerno il 14 novembre 1689; il 28 successivo riceve il pallio da papa Alessandro VIII; prende possesso della diocesi il 3 dicembre. Il 2 febbraio 1690 indice la visita pastorale che inizia nel marzo. Muore il 14 novembre dello stesso anno senza aver avuto la possibilità di promuovere i restauri necessari alla Cattedrale dopo il terremoto del 5 giugno 1688.
93 – Marco de Ostos (1692-1695): Spagnolo della diocesi di Siviglia, nasce il 1° maggio 1644 nel castello di Ezila. Designato arcivescovo di Salerno l’11 settembre 1691 dal re di Spagna, è confermato dal Papa soltanto il 25 giugno 1692; il 30 è ordinato vescovo. Intanto, nel 1691, in sede vacante, il Capitolo aveva provveduto a dare inizio ai lavori di consolidamento e di restauro della Cattedrale, che l’arcivescovo continua. Il 13 agosto 1694 Salerno vive un avvenimento insolito: l’arcivescovo concede la licenza a monsignor Timoteo Siro, arcivescovo di Mandiu nella Mesopotamia, di passaggio nella nostra città, di poter celebrare la messa in lingua e rito caldeo. Il 9 novembre 1695, impegnato nella visita pastorale, si ferma a Calvanico «stante sua indisposizione et infirmitate». Il 17 seguente un notaio testimonia d’aver trovato in casa del signor Donato Antonio Leone l’arcivescovo «in letto iacentem infirmum corpore». Muore il 19 seguente ed è sepolto in Cattedrale.
94 – Bonaventura Poerio (1697-1722): Dopo la morte dell’arcivescovo de Ostos la diocesi rimane sede vacante per un biennio. In tale periodo la Chiesa salernitana è retta dal vicario capitolare Biagio de Vicariis. Egli aveva ricoperto la stessa carica già dopo la morte dell’arcivescovo Passarelli; la ricoprirà ancora dopo la scomparsa di monsignor Poerio e dopo quella di monsignor de Vilana Perlas. L’8 novembre 1697 si completa il processo informativo avviato, a seguito di designazione regia, in favore di Bonaventura Poerio, francescano, al secolo Biagio Ottavio Annibale, nato a Taverna (Catanzaro) e battezzato il 3 febbraio 1648. L’11 seguente è proclamato dal Papa; il 17 è ordinato arcivescovo; il 20 riceve il pallio. Appena giunto a Salerno, compie il munifico gesto di devolvere per la fabbrica della Cattedrale i 1.000 ducati offertigli: 400 dal clero, come sussidio caritativo, e 600 dalla città, come contributo per l’ingresso. Il 20 gennaio 1698 inizia la prima delle dieci visite pastorali che compirà nel corso del suo ministero. Questo è caratterizzato soprattutto dagli importanti lavori che daranno alla Cattedrale l’aspetto che attualmente vediamo; dalla sistemazione dell’archivio diocesano; dalla compilazione, fra il 1712 e il 1716, da parte del cancelliere della Curia arcivescovile Matteo Pastore della Platea di tutti i beni e diritti della Chiesa salernitana. Muore il 18 novembre 1722 ed è sepolto in Cattedrale.
95 – Paolo de Vilana Perlas (1723-1729): Spagnolo di Barcellona, Paolo Giuseppe Francesco Raymundo y Camerasa de Vilana Perlas è battezzato il 28 gennaio 1669. Sacerdote nel 1694, nel 1715 è eletto arcivescovo di Brindisi. Il 5 febbraio 1723 è nominato per Salerno dal Re; il 12 maggio successivo è confermato con bolla pontificia; riceve il pallio il 30 agosto. A Salerno compie tre visite pastorali; completa la ricostruzione della Cattedrale; demolisce gli angusti locali del piccolo Seminario per iniziare la costruzione di una più ampia sede degna della città e adeguata al numero degli alunni. Nel 1726 riceve una supplica da parte dei produttori di manufatti in lana dei casali della Foria affinché faccia costruire una o più valchiere negli stabili che la Mensa possiede lungo il fiume Irno, essendo per loro oneroso recarsi fuori dei confini cittadini per la lavorazione dei loro prodotti. A seguito di tale supplica, l’arcivescovo fa erigere sette strutture anche su terreni appositamente acquistati. A coronamento delle tre visite pastorali intende celebrare un sinodo diocesano, da restare quale codificazione e sintesi di tutte le direttive impartite. Ne compila le costituzioni divise in due parti e ventidue capitoli. Purtroppo non sarà tenuto; delle costituzioni è giunta fino a noi solo una minuta. Muore a Napoli il 7 maggio 1729. Il giorno successivo il corpo viene trasportato in città e sepolto in Cattedrale.
96 – Fabrizio de Capua (1730-1738): La diocesi rimane sede vacante fino al 19 dicembre 1730. In realtà, Carlo VI aveva designato arcivescovo di Salerno, nel novembre 1729, Giuseppe Maria Positano, già vescovo di Acerra, al momento arcivescovo di Acerenza e Matera dal 1723; ma egli muore nel marzo 1730 prima della conferma pontificia. Il 17 novembre dello stesso anno avviene la designazione regia di Giovanni Fabrizio Francesco Carmine Antonio Nicola de Capua, dei principi della Riccia Altavilla, figlio di Giovanni Battista, conte di Montuori, e di Antonia Caracciolo, nato a Portici il 14 aprile 1685. Sacerdote nel 1719, abate commendatario di S. Nicola di Controne, nel 1727 era stato nominato arcivescovo di Taranto. L’11 dicembre 1730 è confermato da Clemente XII alla Chiesa salernitana.Nel corso del suo ministero continua l’edificazione del nuovo Seminario, cui vengono aggiunte ulteriori rendite. Compie due visite pastorali e pone mano ad una serie di riforme degli ordinamenti del Seminario stesso, del chiericato, del Capitolo. Sua preoccupazione costante è l’elevazione del tono spirituale e culturale del clero e della popolazione; a tale fine incrementa la predicazione in tutta la diocesi, specialmente durante l’Avvento e la Quaresima, inviando nelle parrocchie sacerdoti qualificati, iscritti alla congregazione missionaria costituita nella Cattedrale. Nel terremoto, come s. Carlo Borromeo, con una corona di spine sul capo e una fune al collo attraversa «ritu penitentiali» le vie della città, seguito dal clero e da numerosa popolazione, edificata e commossa da tanto esempio. «Ammirevole per la vita penitente», dirà di lui il maestro di Frateria, canonico Gesualdo de Vicariis, il 4 marzo 1738 dopo la morte avvenuta il precedente giorno 1. E’ sepolto in Cattedrale.
97 – Casimiro Rossi (1738-1758): Patrizio napoletano, nato nel 1685 nella parrocchia di S. Maria delle Grazie di Capodimonte, arcivescovo di Taranto dal 1733, è designato per Salerno da Carlo VI il 16 marzo 1738 mentre si trova a Napoli convalescente da una grave malattia. Il 3 maggio riceve la nomina pontificia e il 7 luglio fa l’ingresso in città. Nel corso del suo ministero compie otto visite pastorali. Affresca la galleria del palazzo arcivescovile, pianifica il pavimento della Cattedrale, completa la costruzione del nuovo Seminario. Richiama particolarmente l’attenzione del clero sul dovere dell’istruzione religiosa dei fanciulli, ricordando che i parroci possono comminare l’interdetto all’ingresso in chiesa a quei genitori che si mostrano negligenti nel mandare i figli al catechismo; agli stessi parroci ricorda anche la necessità di spiegare il Vangelo al popolo. Nel dicembre del 1758, secondo il solito, si trattiene a Napoli, ove abitualmente domicilia per sei mesi l’anno. Muore il giorno 27 ed è sepolto nella chiesa dei carmelitani.
98 – Isidoro Sanchez de Luna (1759-1783): Benedettino, patrizio napoletano, nato nella città partenopea nel novembre 1705 da Gabriele, regio consigliere, e da Beatrice d’Anna, sacerdote nel 1728, vescovo di Ariano dal 1748, arcivescovo di Taranto dal 1754, è proposto dal Re per la Chiesa di Salerno il 14 gennaio 1759. Il 28 maggio è confermato da Clemente XIII. Sua cura principale è il Seminario, cui dedica buona parte del ministero pastorale. Rinnova l’ordinamento scolastico distribuendo alunni e convittori razionalmente nelle diverse classi, secondo le varie discipline: grammatica, lettere greche e latine, retorica, teologia morale, filosofia, diritto canonico e civile. Istituisce la cattedra di geometria incoraggiando lo studio delle scienze matematiche. Mantiene la distinzione dei seminaristi in due categorie: semialunni e convittori, in numero di 70 (che nel 1772 saliranno a 120), che pagano una retta mensile; alunni, 24, mantenuti gratis. Nel 1761 restaura il campanile con danaro ricavato dai beni lasciati alla Cattedrale dal suo predecessore monsignor Rossi. Provvede alla ricostruzione del frontespizio della Cattedrale, iniziata nel settembre 1767 e terminata nel 1768: una lapide marmorea sulla facciata ne tramanda il ricordo. Fra il 1769 e il 1770 fa costruire la nuova scalinata esterna d’ingresso all’atrio. Nel 1771 si erige la tomba con l’effige di marmo, cinta da un’inferriata, per la spesa di 600 ducati; ma non l’occuperà mai, poiché nel 1782 è nominato Cappellano Maggiore del Re, per cui rinuncia alla sede di Salerno con atto notarile del 17 febbraio 1783. Muore il 17 ottobre 1786 ed è tumulato nella chiesa dei Ss. Severino e Sossio in Napoli.
99 – Giulio Pignatelli (1784 -1796): Benedettino, al secolo Giovanni Michele, patrizio napoletano, nato nella città partenopea il 2 marzo 1732 da Antonio, principe di Belmonte e marchese di S. Vincenzo, e da Anna Maria Francesca Pinelli Ravaschiero, nel 1740 entra nel monastero dei Ss. Severino e Sossio, sacerdote dal 1755, arcivescovo di Otranto dal 1766, è proposto alla Chiesa di Salerno da Ferdinando IV il 20 maggio 1784. Il 25 giugno è confermato da Pio VI. Nel corso del suo ministero effettua cinque visite pastorali, la prima delle quali inizia il 29 marzo 1785, e celebra un sinodo diocesano. Come il suo predecessore, cura particolarmente il Seminario, il quale raggiunge, per il suo zelo, una posizione preminente nel Regno, fino a superare, per organizzazione e prestigio, tutti gli altri istituti, tanto da accogliere anche alunni extradiocesani. Altre cure particolari riserva all’archivio diocesano, per il quale fa predisporre nuovi locali più consoni alla custodia del prezioso materiale, di cui affida il riordino al sacerdote Carlo Perrone; intanto p. Luigi Cavallo compila la Rubrica delle Bolle Pontificie, imperiali diplomi, regi privilegi, concessioni di Principi e Duchi […] della Mensa Arcivescovile di Salerno e l’Indice universale destinato a facilitarne la consultazione. Muore il 26 agosto 1796 ed è sepolto in Cattedrale.
100 – Salvatore Spinelli (1797-1805): Benedettino, nato a Napoli il 9 giugno 1746 da Giuseppe, duca di Cariati, e da Anna Doria dei marchesi di Fuscaldo, sacerdote dal 1769, arcivescovo di Catanzaro dal 1779, trasferito a Lecce nel 1792, è nominato per Salerno il 24 ottobre 1797 e confermato con bolla pontificia del 18 dicembre successivo ricevendo il pallio di metropolita. Nel marzo del 1798 inizia la prima delle quattro visite pastorali che condurrà. Chiede ai parroci che vengano inviati in Curia gli elenchi dei luoghi pii che si trovano nei territori delle rispettive parrocchie e dei sacerdoti e di altri ecclesiastici residenti. Nel primo anno del suo ministero conferma a d. Carlo Perrone l’incarico di riordinare l’archivio nei nuovi locali già predisposti dal suo predecessore e di compilarne i necessari repertori, compiti portati a termine con oltre un anno di impegno costante. L’11 ottobre 1798 propone al Capitolo la ristampa dell’Officio Proprio della Chiesa Salernitana; proposta che viene accolta con la decisione che se ne faccia una tiratura di 1300-1400 copie da vendersi agli ecclesiastici cittadini e diocesani per 8 carlini e 5 grana; una copia gratis è offerta ai mansionari, ai sagristi ed ai curiali. Nel 1799, a richiesta del Capitolo, assistito dai canonici Luigi Mazza e Scipione Bassi, tenendo presente «antiche costanti consuetudini», pone mano alla riforma degli statuti capitolari, da sottoporre al regio assenso, come prescritto; ma, per le vicende politiche dell’epoca, tale assenso sarà concesso soltanto il 1° marzo1804. Nel maggio 1799 le accennate vicende politiche travolgono anche l’arcivescovo Spinelli: ritenuto il principale fautore dell’insurrezione di Salerno contro i francesi, è arrestato e tradotto a Napoli, in castel S. Elmo; sarà rilasciato nel luglio successivo. Passata «l’anarchia repubblicana», Salerno attende a sanare i danni subiti nel sacco del 27 aprile da parte dei francesi chiamati in città dal marchese Ruggi; come avevano festeggiato l’avvento della repubblica, i salernitani ne festeggiano la fine con ringraziamenti a s. Matteo. Il 1° marzo 1803 si celebra un sinodo diocesano che l’arcivescovo era stato più volte costretto a dilazionare per le contingenze politiche. Le costituzioni, in venti capitoli, richiamano il clero alla difesa dell’integrità della fede con l’aperta professione, l’insegnamento della dottrina cristiana, la predicazione. Monsignor Spinelli muore l’8 gennaio 1805 nel castello di S. Iorio presso Ercolano; trasportato a Salerno, è sepolto in Cattedrale.
101 – Fortunato Maria Pinto (1805-1825): Nato a Salerno il 7 settembre 1740 da Matteo, patrizio salernitano del sedile di Portanova, e da Laura de Fusco, patrizia di Ravello, canonico della Cattedrale dal 1762, sacerdote dal 1763 con dispensa pontificia per difetto di tredici mesi di età, vescovo di Tricarico dal 1792, è proposto da re Ferdinando per Salerno nel febbraio 1805 e confermato dal Papa il 26 giugno; riceve il pallio il successivo giorno 28.Nel corso del suo ministero, fra il 1806 e il 1812, subisce il doloroso calvario della soppressione napoleonica di quasi tutti i monasteri e conventi della città e della diocesi. Con perseveranza, tenta ogni via per ridurla di estensione. Esorta, supplica, scongiura le autorità locali e centrali, alle quali non disdegna di umiliarsi. Quando non può salvare le comunità religiose, tenta almeno di ottenere che rimangano aperte al culto le rispettive chiese, scontrandosi con il potere civile che tende, invece, anche alla riduzione del numero delle parrocchie. Dopo la dominazione francese, al ritorno dei Borbone, moltiplica le sollecitudini per riaprire almeno alcuni conventi e ricostituire alcune parrocchie.Per il concordato del 7 marzo 1818 fra la S. Sede e il Regno di Napoli si ha una ristrutturazione delle diocesi, per cui a Salerno viene assegnata in amministrazione la sede vescovile di Acerno. Nel 1822 la commissione dei vescovi presso il ministero del Culto, trattando il piano della restrizione delle sedi vescovili, sta per prendere la risoluzione di ridurre l’arcivescovado di Salerno a vescovado. Si tratta di una nuova tenzone per l’arcivescovo Pinto, ottantaduenne, che si reca immediatamente a Napoli rivolgendosi direttamente al Re fino ad ottenere, non senza traversie, che rimanesse immutato lo status della diocesi salernitana.Il 1° ottobre 1819 aggiorna lo statuto del Seminario perseguendo una migliore formazione degli alunni, rispondente alle esigenze del tempo. Il 2 agosto 1824, a richiesta della segreteria di Stato degli affari Ecclesiastici, dichiara che la retta dei seminaristi è di 60 ducati annui per i diocesani e di 72 per i forestieri, pagabili in due rate: a novembre e ad aprile; informa, inoltre, che ai diocesani si concedono riduzioni secondo le finanze delle famiglie. Muore il 20 novembre 1825 ed è sepolto nella cappella della sua famiglia nella Cattedrale.
102 – Camillo Alleva (1825-1829): Nato a Napoli, nel vicolo della Pignasecca, il 12 marzo 1770 da Antonio e da Prudenza Maldacena, sacerdote dal 1793 con dispensa pontificia per difetto di tredici mesi d’età, vescovo di Ugento dal 1818, alla quale diocesi rinuncia nel 1824 essendo eletto componente della giunta dei vescovi e poi membro della consulta di Stato, il 9 dicembre 1825 è promosso arcivescovo di Salerno e amministratore perpetuo di Acerno con bolle pontificie e consegna del pallio a seguito di proposta regia del 22 novembre precedente. Contestualmente è invitato a ricostruire il palazzo vescovile nella sede in amministrazione e ad erigere il monte di pietà nelle due diocesi. Il 23 luglio 1826 indice una visita pastorale; dedica quattro giorni ad un esame minuzioso della Cattedrale, dell’atrio, del campanile: per quest’ultimo prescrive la costruzione di una gradinata in muratura in luogo di quella di legno. Nel 1828 approva il nuovo statuto del Capitolo metropolitano. Nello stesso anno la rivolta antiborbonica del Cilento è soffocata con la condanna a morte di tanti cittadini, fra cui due sacerdoti: il canonico Antonio de Luca di Celle di Bulgaria e il nipote d. Giovanni de Luca, curato di Abatemarco. Il maresciallo di campo del Carretto intende far fucilare subito i due, desidera, però, ottenere prima la dissacrazione, che deve essere fatta da un vescovo. Si rivolge a monsignor Speranza, vescovo di Capaccio, che oppone un reciso rifiuto; si esime anche monsignor Laudisio, vescovo di Policastro; miglior fortuna non trova con monsignor Lupoli, arcivescovo di Conza e amministratore di Campagna. Non rimane che l’arcivescovo di Salerno, il quale acconsente alla triste bisogna. L’indomani, 24 luglio 1828, i due condannati sono fucilati alle spalle. Nell’ottobre 1829 monsignor Alleva riceve a Napoli la gran croce dell’ordine cavalleresco di Francesco I. Muore improvvisamente il 30 dello stesso mese senza essere rientrato in diocesi ed è sepolto nella chiesa dello Spirito Santo.
103 – Michelangelo Lupoli (1831-1834): Nato a Frattamaggiore (Napoli) il 22 settembre 1765 da Lorenzo e da Anna de Rosa, sacerdote dal 1789, vescovo di Irsina dal 1797, arcivescovo di Conza con l’amministrazione di Campagna dal 1818, è trasferito alla Chiesa salernitana il 30 settembre 1831 da Gregorio XVI su proposta di Ferdinando II, dopo quasi due anni di vacanza della sede. In realtà, monsignor Lupoli era già stato proposto per Salerno da Francesco I a Pio VIII nel 1830; ma per la morte di entrambi nello spazio di qualche mese, gli atti canonici per la nomina non furono perfezionati. Nel corso del suo breve ministero apporta migliorie al Seminario con la costruzione di un altro piano su parte del secondo; con il rinnovo del frontespizio, su cui pone un’iscrizione con il suo stemma; con il restauro dell’atrio. Per disposizione testamentaria lascia all’istituto la sua ricca biblioteca. Muore a Napoli il 28 luglio 1834 e, trasportato a Salerno per sua espressa volontà, viene sepolto in Cattedrale, ove, nella navata centrale, a destra della porta di bronzo, il nipote Giuseppe gli erige un monumento.
104 – Marino Paglia (1835-1857): Nato a Sternatia (Lecce) il 12 ottobre 1781 da Giuseppe e da Lazzara Fenzella, sacerdote dal 1805, parroco della cattedrale di Otranto e vicario capitolare in sede vacante, è presentato da Ferdinando II il 18 novembre 1834 per essere elevato ad arcivescovo di Salerno. Il 22 marzo 1835 è nominato da Gregorio XVI con la facoltà di farsi ordinare fuori Roma da un vescovo di sua scelta; riceve il pallio il 6 aprile. Il 15 maggio è nominato amministratore apostolico della diocesi di Nusco e il 19 aprile 1836 assistente al soglio pontificio. Nella primavera dello stesso anno inizia la prima delle sei visite pastorali che effettuerà nel corso del suo ministero. Questo è caratterizzato da particolare sollecitudine per lo stato e la condotta del clero: fra l’altro, egli auspica che i sacerdoti celebrino ogni giorno; più tardi il Concilio Vaticano II raccomanderà caldamente la celebrazione quotidiana «anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli». Altra sua sollecitudine riguarda una nuova sistemazione delle parrocchie: di alcune trasferisce le sedi in chiese più convenienti; altre dismembra o sopprime unendole alle convicine per renderle più adatte alle esigenze della popolazione.Nel 1848 monsignor Paglia saluta con soddisfazione la costituzione di Ferdinando II, come già quella di Pio IX, con un Te Deum di ringraziamento; ma, con dolore, è costretto ad assistere al coinvolgimento di non pochi sacerdoti cittadini e diocesani negli eccessi delle passioni politiche. Il suo atteggiamento è di grande prudenza, tuttavia non tralascia di ricorrere a sanzioni canoniche contro quelle posizioni esasperate che creano sbandamento fra i fedeli.L’8 ottobre 1849 riceve in città Pio IX, in esilio nel Regno di Napoli, che dal settembre dimorava presso la reggia di Portici. Il Papa visita la Cattedrale, il Seminario, il monastero di S. Giorgio e si trattiene a colazione nell’episcopio, servito dall’arcivescovo stesso.Il 27 ottobre 1856 dispone testamentariamente dei suoi beni; fra gli altri legati, lascia alla Cattedrale tutti i suoi arredi e gli argenti per le sacre funzioni; ai suoi successori, gli arredi e i calici che si trovano nella cappella arcivescovile; al Seminario, tutti i suoi libri. Muore a Lanzara il 5 settembre 1857. Lo stesso giorno il corpo è trasportato in città e esposto nella sala dell’episcopio rivestito degli abiti pontificali. Il successivo giorno 6 si svolgono le esequie lungo le strade cittadine; il 7 è sepolto nella cappella della Purificazione in Cattedrale.
105 – Antonio Salomone (1858-1872): Nato ad Avellino il 3 aprile 1803 da Vincenzo e da Giuseppina Catalano, sacerdote dal 1827, vescovo di Mazara del Vallo dal 1845, è proposto dal Re quale arcivescovo di Salerno il 10 dicembre 1857; è eletto nel concistoro di Natale.Il 23 maggio 1858 inizia la prima delle visite pastorali che effettuerà nel corso del suo ministero.L’11 settembre 1860 inizia una pagina tragica nelle vicende personali dell’arcivescovo e nella storia della Chiesa salernitana. La sera del giorno 6 era arrivato in città Garibaldi. Qualche giorno dopo si chiede all’arcivescovo di cantare la sera dell’11 un Te Deum di ringraziamento per il mutamento politico. Ma quel pomeriggio monsignor Salomone è indisposto, essendo tornato in mattinata febbricitante dalla visita pastorale a Calvanico; la funzione è tenuta dall’arcidiacono Ignazio Gaudiosi, con la partecipazione del Capitolo. In serata una folla, interpretando maliziosamente l’assenza del presule, inscena una manifestazione sotto il palazzo arcivescovile, con insulti e minacce di morte. Monsignor Salomone è costretto a fuggire passando per l’ingresso del Seminario; ripara prima a Napoli, poi, espulso nel 1865, a Roma, ove rimane fino al 7 settembre 1866. Nel corso del suo esilio sono soppressi conventi e monasteri, chiuso il Seminario, occupato l’episcopio, sequestrati i beni della Mensa arcivescovile per l’assenza «non canonica» del titolare dalla sede.Fra il 19 dicembre 1861 e il 31 gennaio 1863 l’arcivescovo è sottoposto ad un primo processo inquisitorio sulla base di denuncie presentate dal tenente della guardia nazionale Alfonso Orilia, che lo accusa di malversazioni, cospirazione, indegnità nell’esercizio del ministero pastorale; la sentenza è di non luogo a procedere. Una seconda inquisizione viene intentata fra 1864 e il 1865 in relazione all’intrattenimento di una presunta «corrispondenza borbonica»; anche in questo caso la conclusione è che «non rilevasi alcun fatto che costituisca reato». Il 20 dicembre 1866, dopo essersi trattenuto ad Avellino dal settembre precedente, ritorna a Salerno. Nel 1869 si tenta per la terza volta di condurlo davanti al tribunale. Il pretesto immediato è dato da alcuni passaggi della lettera pastorale da lui diretta ai Capitoli e al clero delle diocesi di Salerno e di Acerno in preparazione del Concilio Vaticano II, in cui si scorgerebbero i sentimenti più ostili ai nuovi ordinamenti e alle leggi dello Stato. Il 24 aprile il procuratore generale di Napoli comunica al prefetto che l’arcivescovo è stato rinviato a giudizio a piede libero; gli manifesta anche la preoccupazione per una possibile fuga del presunto reo verso Roma, invitandolo a negargli «la carta di passaggio» e a farlo sorvegliare. In realtà l’arcivescovo non sarà sottoposto ad alcun processo, né gli sarà impedito di recarsi a Roma per il Concilio. Tornato in diocesi, pubblica i decreti del Concilio. Alla fine del 1871 si trasferisce a Napoli per curarsi dalla grave malattia polmonare che l’aveva colto già durante il soggiorno romano. Muore il 9 marzo 1872. Nel pomeriggio dell’11 la salma è portata nella chiesa della confraternita di S. Michele Arcangelo; il 13 giunge a Salerno per ferrovia e viene tumulata in Cattedrale.
106 – Domenico Guadalupi (1872-71877): Nato a Brindisi il 17 settembre 1811 da Domenico e da Caterina Lopez, sacerdote dal 1837, vescovo designato di Lecce nel 1868 (designazione che rifiuta ritenendosi non pronto al compito), riceve la nomina ad arcivescovo primate di Salerno il 6 maggio 1872 e l’ordinazione il successivo giorno 9. Nel corso del suo ministero fa oggetto di particolari sollecitudini il Seminario, ridotto in pochi locali e sconvolto negli ordinamenti per l’applicazione delle leggi eversive. Perfeziona programmi, indirizzi e metodi per renderli atti alla formazione culturale e spirituale di sacerdoti destinati al contrasto con l’imperante anticlericalismo massonico. Ama che almeno i più dotati conseguano la laurea in teologia e diritto canonico a Napoli o a Roma.Nell’ultimo periodo del suo governo pastorale riprende il progetto già ideato dal predecessore: la posa di un pavimento marmoreo nella basilica superiore. L’asta per l’aggiudicazione dell’opera è bandita il 26 febbraio 1877 e tenuta l’11 marzo successivo nella Curia arcivescovile. L’opera, pur lodevole nelle intenzioni, porta alla rimozione delle lapidi poste sulle sepolture davanti alle cappelle patronali; invano tenta di opporsi il Capitolo, che il 4 maggio 1877 deplora l’iniziativa perché «alcune di queste lapidi sono monumentali e presentano ricordi storici che non si possono né si debbono distruggere». Ma monsignor Guadalupi, che pur pagava del proprio circa 50.000 lire, dagli ultimi di marzo aveva rinunciato alla diocesi e giaceva infermo, mentre il suo successore, in sede dall’11 giugno, non seppe o non volle intervenire nella questione, o forse fu posto davanti al fatto compiuto, nonostante il Capitolo gli significasse tempestivamente le proprie perplessità.Monsignor Guadalupi, malato per lunghi periodi con brevi intervalli di ripresa fin dal dicembre del 1875, ormai impossibilitato a svolgere il proprio ministero, come accennato, rinuncia alla diocesi alla fine di marzo del 1877.Muore l’11 maggio 1878. I funerali si svolgono il giorno 14 nella chiesa del Carmine Nuovo, oggi SS. Addolorata; la salma è deposta nella tomba gentilizia della famiglia Vairo. Trascorsi i termini di legge per l’esumazione, le ossa sono trasportate in Cattedrale ove si erige un monumento a spese del nipote.
107 – Valerio Laspro (1877-1914): Nato a Balvano (Potenza) il 22 luglio 1827 da Emmanuele e da Camilla de Robertis, sacerdote dal 1850, vescovo di Gallipoli dal 1860, trasferito a Lecce nel 1872 mantenendo l’amministrazione apostolica della precedente diocesi, il 4 marzo 1877 è promosso arcivescovo di Salerno; il 20 successivo riceve il pallio. Immediatamente è costretto ad affrontare il problema dell’exsequatur regio che gli viene negato. Anzi, il 24 ottobre è costretto a presentarsi davanti al tribunale civile di Salerno «per sentire dichiarare come non avvenuta la nomina di lui ad Arcivescovo di Salerno con Bolla Pontificia e con la di lui condanna»; la ragione che si adduce è che lo Stato vanta sulla Chiesa di Salerno il diritto di presentazione come dal concordato fra l’imperatore Carlo V e papa Clemente VII del 29 giugno 1529. La difesa sostiene, invece, che quel diritto era appannaggio della corona di Napoli di cui lo Stato italiano non può ritenersi erede essendo stati abrogati i concordati con l’unificazione della nazione. La causa si protrae fino al 13 marzo 1879, quando avviene il riconoscimento da parte dello Stato della legittimità dell’elezione di monsignor Laspro ad arcivescovo primate di Salerno e con la concessione del sospirato exequatur regio alla bolla pontificia di oltre un biennio prima; in tale periodo, impedito ad occupare il palazzo arcivescovile, monsignor Laspro aveva abitato un quarto nel palazzo Natella, al largo Campitello. Nel corso del suo ministero cura particolarmente l’insegnamento della dottrina cristiana; allo scopo, nel 1884 organizza l’Opera del Catechismo; del 1888 è un testo catechistico di cui è giunto un frammento fino a noi; un aggiornamento è curato nel 1899. Sotto i suoi auspici sorgono anche l’Associazione Giovanile S. Matteo e quelle delle Dame di Carità, delle Madri Cristiane, delle Giovani Econome. Richiama in vita la Congregazione della Missione, già esistente nella Chiesa salernitana, per la predicazione al popolo. A tali iniziative si affiancano l’Opera della Biblioteca Circolante e quella dei Libretti per le operaie e apprendiste fondata l’8 dicembre 1890 sulla Cassa di Risparmio di Salerno. Nel 1885 tenta l’istituzione di un organo di stampa cattolica: La Buona Novella; ma, come precedenti esperienze dell’epoca del suo predecessore monsignor Salomone (Il Papato e Il Progresso Cattolico), il tentativo non ha fortuna. Ripete la sfida nel 1897 con Il Buon Senso, che avrà migliore fortuna: da quindicinale diverrà settimanale nel 1911 e continuerà le pubblicazioni fino al 1916. Ammalatosi il 18 ottobre, muore il 22 novembre 1914; i funerali si svolgono il giorno 24. La salma è tumulata nel cimitero cittadino, nella fossa della cappella di S. Filippo Neri. Trascorsi i termini di legge per l’esumazione, nel 1922 iniziano le pratiche presso il ministro segretario di Stato e la presidenza del Consiglio per trasferire le ossa in Cattedrale; il 12 maggio 1923 è emesso il decreto favorevole. Il 18 luglio 1929 è inaugurato nella Cattedrale il monumento al lato destro della cappella del Redentore.
108 – Carlo Gregorio Maria Grasso (1915-1929): Benedettino, nato a Genova il 22 aprile 1869 da Giovanni e da Veronica Boerio, abate del convento di Prada presso Padova dal 1907, di Montevergine dal 1908, amministratore apostolico di Amalfi nel 1910, di Cava e Sarno nel 1914, il 7 aprile 1915 è nominato arcivescovo di Salerno. Una delle principali cure del suo ministero è la formazione del clero; collegata ad essa vi è l’ansia per il Seminario. Nel 1922, dopo accenni del 1921, la conferenza episcopale regionale ufficialmente esprime il desiderio che sorga a Salerno un istituto regionale; simile voto viene rinnovato nel 1927. Il 7 marzo 1929 si accenna al fatto che l’ex convento di S. Domenico possa essere adibito a Seminario regionale.Nel difficile momento politico si mostra rispettoso dell’autorità costituita, non mancando di far visita di felicitazioni al prefetto e intonare Te Deum di ringraziamento in occasione del fallimento di attentati contro Benito Mussolini; tuttavia si astiene dal benedire gagliardetti e dal presenziare a manifestazioni chiaramente partitiche. Fra le opere sociali e culturali di monsignor Grasso, molte accolte nel palazzo arcivescovile, si ricordano le Colonie marine e montane, la Casa dello studente, le Scuole serali per operai, la sezione cittadina degli Esploratori Cattolici. Fin dal 1924 quest’ultima è fatta bersaglio da parte dei fascisti, che vi scorgono antagonismo nei confronti dei loro Balilla; l’associazione sarà sciolta con decreto del 13 aprile 1928.Nel corso del suo ministero iniziano le pubblicazioni il settimanale a diffusione regionale Il Piccolo Corriere (1917) e il Bollettino del Clero (1923). Muore il 30 marzo 1929. Il giorno successivo, domenica di Pasqua, la salma rimane esposta nella cappella privata. Il lunedì viene collocata nella sala degli stemmi per la visita del popolo. Martedì 2 aprile il corteo funebre muove per le vie della città, quindi raggiunge la Cattedrale ove la salma è tumulata nella navata di sinistra, davanti alla cappella di S. Maria degli Angeli.
109 – Nicola Monterisi (1929-1944): Nato a Barletta (Bari) il 21 maggio 1867, sacerdote dal 1893, vescovo di Monopoli dal 1913, arcivescovo di Chieti dal 1919, il 5 ottobre 1929 è promosso alla Chiesa salernitana. Nei primi tre anni del suo ministero, coadiuvato da autorità e popolo, cura i restauri della Cattedrale, che aveva trovato chiusa al suo ingresso in diocesi per la necessità di urgente manutenzione, quelli del palazzo arcivescovile e del Seminario, quest’ultimo danneggiato gravemente dal terremoto del 1930. Nel 1932 vede l’entrata in funzione del Seminario regionale Pio XI.
Fonda l’Opera S. Gregorio VII per le vocazioni ecclesiastiche. Nel 1941 tiene un sinodo diocesano, a 138 anni dall’ultimo dell’arcivescovo Spinelli.Una fitta corrispondenza intrattenuta con le autorità civili mostra la sua ferma opposizione al fascismo. In due occasioni, nel 1938, gli vengono contestate prese di posizioni dalle pagine del Bollettino del Clero in materia di razzismo e di matrimonio; il 6 aprile 1940, rispondendo ad una lettera del vice segretario del fascio che lamentava il rifiuto del parroco di benedire la sede di un gruppo rionale sita in via Duomo perché adibita a sala da ballo nel sabato santo, argutamente rileva che nella datazione di quello scritto era stata indicata l’era fascista e omessa quella di Nostro Signore, il che appariva singolare per chi lamentava una mancata benedizione cristiana; nel 1942 protesta vivamente per un articolo apparso su Il Popolo Fascista, che auspica la distruzione del cattolicesimo da parte del fascismo. Nelle tragiche giornate del 1943, quando le incursioni aeree gettano distruzione e morte sulla città, unico fra le autorità cittadine, rimase al proprio posto con i parroci urbani, condividendo con i miseri le ansie e i pericoli.Muore il 30 marzo 1944. Un decennio dopo è inaugurato il monumento in Cattedrale, sul luogo che conserva le sue ossa.
110 – Demetrio Moscato (1945-1968): Nato a Gallina (Reggio Calabria) il 4 febbraio 1888, sacerdote dal 1912, cappellano militare pluridecorato durante la prima guerra mondiale, vescovo di S. Marco e Bisignano dal 1932, è promosso arcivescovo di Salerno il 22 gennaio 1945. Il suo ministero episcopale è caratterizzato dall’impulso alle opere assistenziali e di apostolato, al Seminario, alla ricostruzione degli edifici sacri distrutti o danneggiati dalla guerra. Arricchisce la Cattedrale del mosaico dell’abside maggiore, del pavimento, del nuovo altare maggiore, della ricostruzione del trono, del nuovo organo; restaura il quadriportico, gli affreschi della basilica inferiore, il campanile. Nella tragica notte dell’alluvione abbattutasi su Salerno il 25 ottobre 1954, monsignor Moscato è fra i primi ad accorrere sui luoghi colpiti organizzando, in collaborazione con le autorità civili, l’assistenza agli alluvionati; tale opera gli varrà la medaglia d’argento al valor civile.
Muore il 22 ottobre 1968.
111 – Gaetano Pollio (1969-1984): Nato a Meta (Napoli) il 30 dicembre 1911, arcivescovo metropolita di Kaifeng (Cina) dal 1947, ove viene trattenuto in durissima prigionia, arcivescovo di Otranto dal 1960, è promosso alla Chiesa primaziale di Salerno, cui è annessa quella di Acerno, il 10 febbraio 1969. Il 28 ottobre 1971 vi aggiungerà l’amministrazione di Campagna.
Volge la sua attenzione alla conservazione del patrimonio artistico della diocesi, istituisce nuove parrocchie nelle zone di espansione urbana del capoluogo e di altri comuni della diocesi, promuove nuovo fervore per il culto mariano.Il 29 aprile 1973 inizia una visita pastorale. Il 14 dicembre 1980, nella basilica dei Ss. XII Apostoli in Roma, con l’arcivescovo di Bamgalore (India), consacra il sacerdote salernitano Renato Raffaele Martino arcivescovo titolare di Segerme, pro nunzio apostolico in Laos, Malaysia e Singapore. Il 2 agosto 1981, nella Cattedrale cittadina, ancorché in fase di restauro per i danni del sisma dell’anno precedente, assiste alla consacrazione episcopale di monsignor Pierro, eletto vescovo di Tursi-Lagonegro. Nel 1984, autorizzato dalla S. Sede, consente ad una ricognizione delle reliquie di s. Gregorio VII. Purtroppo, fu costretto ad assistere al doloroso tramonto del Seminario regionale, ormai impossibilitato a reggersi per la paurosa diminuzione dei seminaristi, per l’abbandono scandaloso di qualche docente che lasciò l’abito, per l’entità spaventosa delle spese da sostenere. Il 16 ottobre 1984 monsignor Pollio lascia la Chiesa salernitana. Muore a Lecco il 13 marzo 1991. La salma giunge a Salerno, ove espressamente aveva chiesto di essere sepolto, la sera del giorno 15; l’indomani si tiene la messa solenne di requiem e si procede alla tumulazione.
112 – Guerino Grimaldi (1984-1992): Nato a Roccapiemonte (Salerno) l’11 settembre 1916 da Raffaele e da Maria Polichetti, sacerdote dal 1941, vescovo titolare di Salpi dal 1968, ausiliare di monsignor Moscato, vescovo di Nola dal 1971, ausiliare di monsignor Pollio dal 1971, è promosso arcivescovo metropolita di Salerno-Campagna-Acerno il 10 luglio 1982.
Nel corso del suo ministero ha particolare attenzione ai problemi dei sacerdoti. Trasferisce i seminaristi alla colonia S. Giuseppe in modo da dare spazi più ampi e ambienti più confortevoli ai giovani orientati al sacerdozio. Nell’antico Seminario trasferisce il museo, la biblioteca, l’archivio diocesani.
Cura attentamente la comunicazione sociale con il potenziamento di Agire e di Radiostella e la istituzione di Telediocesi. Promuove due congressi internazionali di studi, l’uno su s. Gregorio VII, l’altro su Alfano I. Muore il 12 aprile 1992, improvvisamente, dopo la celebrazione in Cattedrale per la domenica delle palme.
113 – Gerardo Pierro (1992-2010): nato a Mercato S. Severino il 26 aprile 1935, da Raffaele ed Agata Senatore prematuramente scomparsa.
Entrato nel Seminario arcivescovile di Salerno, compì gli studi filosofici e teologici nel Pontificio Seminario Regionale della stessa città. Da seminarista, come affermano suoi amici di seminario, si è dimostrato “brillante organizzatore e trainatore del gruppo”, “semplice, sempre pronto al sorriso, intelligente e confortante”, “dal comportamento nobile”.
Fu ordinato sacerdote il 21 dicembre 1957 da mons. Demetrio Moscato, arcivescovo primate di Salerno. Per un biennio fu vicerettore e docente nel seminario diocesano. Il 16 novembre 1959 fu inviato come economo curato nella parrocchia di S. Nicola di Bari in Coperchia di Pellezzano, di cui ricevette il possesso canonico il 14 agosto del 1960. Il 18 novembre 1974 conseguì la laurea in Teologia presso la Ponticia Facoltà Teologica “S. Luigi” di Posillipo in Napoli, difendendo la tesi dal titolo “Prospettive teologico-pastorali del nuovo rito del battesimo dei bambini”. Ha insegnato religione presso il Liceo scientifico “G. Da Procida” di Salerno, dogmatica nel Seminario Pontificio di Salerno e all’Istituto di Scienze Religiose.
E’ stato presidente diocesano della Unione Apostolica del Clero, vice delegato regionale, consigliere nazionale della stessa Unione, membro della Commissione presbiterale campana e del Consiglio presbiterale diocesano.
Nei suoi ventidue anni di missione a Coperchia, don Gerardo ha sempre mostrato disponibilità verso la umile gente della parrocchia, che amava fortemente vivendone nell’intimo i problemi.
Ha dato impulso e vigore a innumerevoli iniziative, sostenendo le associazioni, in particolare l’Azione Cattolica, ripristinando alcune funzioni religiose, dedicando ai giovani buona parte della sua attività sacerdotale e impegnandosi nella realizzazione delle strutture a loro favore.
Il 26 giugno del 1981 don Gerardo Pierro è eletto vescovo di Tursi-Lagonegro e il 2 agosto successivo, nella Cattedrale di Salerno, riceve la consacrazione episcopale dal Card. Sebastiano Baggio. Il 6 settembre mons. Pierro lascia Coperchia e parte per Tursi. Dopo sei anni di permanenza in terra lucana, il 28 febbraio del 1987 è eletto vescovo di Avellino.
Il 25 maggio del 1992, festa di S. Gregorio VII, mons. Pierro viene eletto Arcivescovo Metropolita di Salerno – Campagna – Acerno, succedendo a mons. Guerino Grimaldi, scomparso il precedente 12 aprile.
tratto da “Araldo e Testimone del Vangelo” di Emilio Polverino
Termina il suo ministero di governo il 12 settembre 2010. Gli succede S.E.Rev.ma Mons. Luigi Moretti.
114 – Luigi Moretti (2010)