La ricognizione canonica è quell’atto, autorizzato dall’Autorità Ecclesiastica, regolato dalle norme della Chiesa, che permette di “studiare” i santi attraverso l’esame diretto dei loro resti, le reliquie. In questo ci si avvale anche dell’ausilio della scienza, grazie all’adozione di tecniche di indagine medica sempre più all’avanguardia e di conservazione.
Per S. Gregorio VII, morto a Salerno il 25 maggio 1085, nel corso dei secoli sono state effettuate diverse ricognizioni.
1) 1578
La prima ricognizione venne compiuta il 30 giugno 1578 da Mons. Marcantonio Marsili Colonna, Arcivescovo di Salerno (13 ottobre 1574 – 24 aprile 1589, data della sua morte). Il corpo si presentava “integro” in quanto potevano esserci dei tessuti mummificati aderenti alle ossa del Santo.
2) 1605
La seconda ricognizione venne effettuata il 25 dicembre 1605 dal vicario e dai canonici del Capitolo Metropolitano, essendo la Diocesi Vacante. In quell’occasione si concesse una reliquia di San Gregorio VII a Sovana. Dalle ossa furono prelevati: il cranio, conservato a Salerno in un reliquiario d’argento; l’arto superiore destro, che fu inviato a Roma dove Mons. Bichi, Vescovo di Sovana nominato nel frattempo Arcivescovo di Siena; questi lo divise in due: una parte fu destinato a Siena, mentre l’avambraccio (radio e ulna) con alcune ossa della mano furono inviate a Sovana.
3) 1614
In occasione della costruzione di un altare dedicato a San Gregorio VII nella Cappella delle Crociate nel Duomo di Salerno, il Cardinale Lucio Sanseverino (19 novembre 1612 – 25 dicembre 1623, data della sua morte) procedette ad una terza ricognizione delle Reliquie di San Gregorio VII il 4 maggio 1614, includendo le ossa e il resto degli abiti pontificali in una cassa di piombo.
4) 1954
Il 1° maggio 1954 Don Generoso Crisci, Vicario Generale di Salerno, comunica al Rev.do Arcidiacono del Capitolo Metropolitano la convoca per «procedere all’estrazione e alla ricollocazione del Capo [di S. Gregorio VII] dal busto argenteo del Santo in un apposito cofanetto provvisorio in attesa che venga ricongiunto al resto del Corpo [con la ricognizione canonica di luglio]». Il Capo di San Gregorio VII Venne incluso nella statua argentea a mezzobusto nel 1714. Alle ore 16:00 e, nell’aula capitolare del Duomo di Salerno, e alla presenza di Mons. Demetrio Moscato, Arcivescovo di Salerno, di Mons. Antonio Balducci, Promotore della Fede, del dott. Antonio Cioffi, perito medico e di Mons. Vincenzo Schiavini, notaio, si procede ad estrarre il Capo di San Gregorio VII dal busto d’argento, avvolto in cotone idrofilo e su cui era una posti i sigilli dell’Arcivescovo di Salerno Mons. Nicola Monterisi[1]. Il cofanetto provvisorio fu deposto nella Cappella del Tesoro del Duomo in attesa della canonica di cognizione.
L’8 maggio 1954 il dott. Antonio Cioffi stende una descrizione medica del S. Capo di San Gregorio VII (dr. A.C. SA-67v. Duomo). Il Capo è mancante del terzo elemento del cranio, la mandibola.
Il 10 luglio 1954 la Commissione Pontificia – istituita il 17 maggio dello stesso anno dalla Sacra Congregazione dei Riti (Lettera n° S. 80/954 del 17 maggio 1954) nelle persone del Cardinale Ildefonso Schuster, Arcivescovo di Milano, Mons. Salvatore Natucci, Promotore Generale della Fede, P. Ferdinando Antonelli OFM, Relatore Generale della sezione storica della Sacra Congregazione dei Riti, e il Dr. Lorenzo Sympa, Segretario della Commissione medica della stessa Congregazione – a proceduto all’apertura della tomba marmorea di S. Gregorio VII Pp. la quale conteneva una cassa di piombo che ricava incise sul coperchio le seguenti parole: «Ego Lucius Sanseverinus Archiepiscopus Salernitanus hic Corpus Beati Gregorii Papae VII inclusi et in eius honorem hoc altare consecravi ac consuetas indulgentias concessi die IV Maji MDCXIV». Aperta la cassa fu rinvenuta la pergamena dello stesso Arcivescovo, numerosi frammenti scheletrici in buone condizioni, misti ad indumenti. Dopo aver proceduto all’estrazione del contenuto, separando le ossa dal materiale restante, con l’aiuto dei periti medici si procede ai primi accertamenti anatomici, elencando il materiale scheletrico. Si da incarico al prof. Gastone Lambertini di effettuare gli ulteriori accertamenti anatomici, radiografici, fotografici e per il trattamento diretto ad assicurare la migliore conservazione delle ossa.
Il 16 luglio 1954, alle ore 10:30, nella sala San Tommaso sita nell’atrio del Duomo, vengono consegnate le reliquie sottoposte a trattamento chimico, deposte in una cassa di zinco, Legati con un nastro di canapa con i sigilli dell’Arcivescovo Mons. Demetrio Moscato.
Il 16 settembre 1954, alle ore 17:00, nella Cappella del palazzo arcivescovile, alla presenza di Don Giuseppe Bergamo, Don Federico Acquaro, il prof. Alessandro Rivolta e Don Giuseppe d’Ascola, Mons. Demetrio Moscato procede all’apertura della cassa delle reliquie di San Gregorio VII. Il prof. Alessandro Rivolta, aiutato da don Federico Aquaro, procede a collocare le varie parti del corpo, compreso il teschio le costole nel torace del manichino, fatta eccezione per le tibie che sono state sistemate nelle gambe del manichino stesso[2] (Verbale della reposizione delle SS. Reliquie di S. Gregorio VII e loro rivestimento degli indumenti sacri del 16 settembre 1954).
5) 1984 |
L’ultima ricognizione delle reliquie di S. Gregorio VII fu effettuata il 19 e 20 maggio 1984, per volontà di Mons. Gaetano Pollio, Arcivescovo di Salerno, e di Mons. Guerino Grimaldi, Coadiutore della Diocesi salernitana. In occasione del IX centenario della morte del Santo, e della volontà di Mons. Grimaldi di voler fare una nuova ricognizione delle reliquie, ricollocandole nell’antico e originario sarcofago di marmo, mons. Pollio nel dicembre 1983 chiese le necessarie autorizzazioni alla S. Sede. Il via libera l’ottenne il 23 aprile 1984, in cui si concedeva al dott. Gino Fornaciari, del Laboratorio di Paleoantropologia di Viareggio, l’autorizzazione a procedere alla ricognizione «fatta in loco, e in breve tempo». Il 19 e 20 maggio 1984 venne fatta la ricognizione, con i rilievi canonici e scientifici, alla presenza di Mons. Italo d’Elia, arcidiacono, Mons. Arturo Carucci, canonico, Mons. Giovanni Toriello, parroco, delegati il 18 maggio da Mons. Pollio, Arcivescovo. Erano presenti l’equipe del Dott. Fornaciari, la dott. Claudia Vultaggio dell’Istituto di Storia Medievale dell’Università di Napoli, il dott. Attilio Maurano e Antonia d’Aniello per la Soprintendenza e gli operai muratori. Le operazioni iniziarono alle 8:35 e dopo aver eseguito le fotografie preliminari dell’urna viene prelevato il manichino del Santo. Constatato l’integrità dei sigilli dell’Arcivescovo Demetrio Moscato, si procede a slacciare il cingolo, sotto il quale è presente un recipiente di plastica (cassetta) che reca quattro sigilli legati con fili metallici. Il recipiente è parte integrante del manichino. I fili metallici sono tagliati e alle ore 10:09 viene sollevato il coperchio a forma anatomica del torace. Trasferite le Reliquie in una stanza per eseguire l’esame radiologico e in una camera oscura per lo sviluppo delle lastre, alle 11:30 Mons. Grimaldi esamina e controlla le ossa. Queste vengono ricomposte alla presenza di Mons. Carucci e Mons. Toriello. Alle ore 13:00 viene interrotta la prima seduta. La seconda ha inizio alle ore 15:30, in cui viene completato l’esame paleopatologico del calvario e della colonna vertebrale. La seduta si conclude alle ore 20:00. Si riprende alle 8:30 del 20 maggio. È presente anche il prof. Francesco Mallegni, dell’Università di Pisa. Sono presenti Mons. Carucci e Mons. Toriello, oltre che al prof. Fornaciari. Viene condotto l’esame antropometrico fino alle 13:30, ripreso poi alle 16:00 e conclusosi intorno alle 19:00.
Completati i lavori della ricognizione, dagli stessi operatori le ossa sono state adagiate in una cassa di legno, foderata di seta damascata di colore violaceo, con i sigilli in ceralacca di Mons. Moscato. La cassa, infine, chiusa con sigilli di piombo dal Can. Gennaro Grimaldi, venne deposta ad tempus nella “Cappella di Nona” nel Palazzo Arcivescovile.
Il 24 novembre dello stesso anno il prof. Fornaciari procedette alla ricognizione dell’arto superiore destro conservato nel Duomo di Pitigliano.
Il 24 aprile 1985, Mons. Guerino Grimaldi, Arcivescovo di Salerno, depose le reliquie di San Gregorio VII nel sarcofago romano, recentemente collocato nell’abside laterale del Duomo di Salerno. Alle ore 16:15, accompagnato dal Vicario Generale Mons. Franco Spaduzzi, dal canonico-parroco Don Giovanni Toriello, don Gennaro Grimaldi e Don Arturo Carucci, notaio dell’ultimo verbale, Don Comincio Lanzara, cerimoniere, e dal Presidente del Lions Club di Salerno. Quest’ultimo donò l’urna 80X40 di onice rosato. Le operazioni terminano alle 16:45 con la deposizione delle ultime ossa adagiate si un velo di seta rossa, ricamato a mano dalle Suore Clarisse di Serino. Chiusa l’urna, su di essa è stato apposto il sigillo in ceralacca dell’Arcivescovo e uno in piombo. Alle 17:15 l’urna viene calata al centro del sarcofago, chiuso poi con la lastra di copertura.
Da quest’ultima ricognizione, insieme ai prelievi del 1605, è possibile completare l’elenco delle reliquie che furono prelevate dal Corpo di S. Gregorio VII per essere destinate ad altri luoghi:
- Una scheggia di osso del cranio, prelevata nel 1849 e donata al Papa Pio IX, in visita a Salerno.
- Un frammento del cranio, prelevato nel 1961 e donato alla Basilica romana intitolata a San Gregorio VII.
- Un osso metacarpale della mano sinistra, prelevato nel 1961, inserito in un reliquiario d’argento, e donato a Giovanni XXIII, il quale ne fece dono a sua volta alla Chiesa d’Olanda.
- Un dente, donato all’Abbazia di San Paolo in Roma.
- Una vertebra, conservata in un reliquiario argenteo, nella Cappella del Tesoro del Duomo di Salerno.
- Una vertebra, conservata in un reliquiario, e donata alla parrocchia S. Gregorio VII in Battipaglia.
- Due reliquie insigni, della ricognizione canonica del 1954, conservate dapprima nella Cassaforte privata dell’Arcivescovo e successivamente, dal 2019, nella Lipsanoteca Diocesana.
I risultati della ricognizione, da cui apparve che le ossa erano perfettamente conservate e recanti ancora tracce di materiale organico, furono questi:
«Lo scheletro è risultato mancante dell’arto superiore destro (solo l’avambraccio del quale è attualmente conservato a Sovana), di alcune vertebre e della mandibola. La mancanza di quest’ultima ha impedito, fra l’altro, qualsiasi tentativo di ricostruzione fisiognomica. Di bassa statura (163 cm) E dal punto di vista razziale, inquadrabile in un gruppo indigeno di ascendenza italica, escludendo la sua provenienza da un gruppo di ascendenza longobarda (…). L’età di morte del santo è risultata compresa tra i 65 e 75 anni, verosimilmente intorno ai 70 anni (…). Quanto alle proporzioni degli arti il segmento distante risulta relativamente lungo rispetto al prossimale solo nell’arto inferiore, mentre nell’arto superiore risulta relativamente corto; il tronco doveva apparire largo e il bacino ampio. La capacità cranica è risultata di 1600 cc, Valori da considerare molto elevato e nettamente superiore alla media maschile attuale, valutato intorno ai 1400 cc. Anche se di statura modesta, Gregorio VII era dotato di una struttura scheletrica poderosa (…). La presenza dell’artrosi, presente in quasi tutti i distretti scheletrici, e deve essere ricercata, almeno in parte, nell’età avanzata del Santo. La colonna vertebrale (…) appare caratterizzata da una iperlordosi cervicale secondaria con tutta probabilità unita ad un discreto grado di cifosi dorsale. Questa avalla l’ipotesi dell’intensa attività fisica espletata dal santo. Ben 19 vertebre su 34 presentano numerose ernie»[3].
Sac. Sergio Antonio Capone
Custode SS. Reliquie
[1] Fu trovato l’intero Capo del Santo con una particella di osso appartenente allo stesso Capo, staccato in precedenti aperture del reliquiario argenteo a mezzobusto, e rimessa a posto da Mons. Monterisi il 13 maggio 1936, alla presenza dell’arcidiacono Pasquale Naddeo, del canonico Ernesto d’Alessio, come si evince dal documento conservato nel medesimo busto reliquiario.
[2] Le Reliquie di S. Gregorio VII sono state rivestite degli indumenti sacri richiamati dalla scuola italiana “Alberto Assirelli” di Roma: amitto, camice, cingolo, strana, manipolo, dalmatica, casula, tiara. Ai piedi calzari e pantofole, alle mani guanti. I paramenti sacri in seta rossa, con i ricami in oro e perle, furono donati da Papa Pio XII. Tutto contenuto in una urna-paliotto in argento. Il manichino raffigurante S. Gregorio VII porta all’anulare della mano destra un anello pontificale, in topazio, diamanti e oro, donato dal cardinale Ildefonso Schuster.
[3] G. Fornaciari – F. Mallegni, La ricognizione dei resti scheletrici di S. Gregorio VII, in La Riforma Gregoriana e l’Europa. Atti del Congresso inteernazionale (Salerno, 20-25 maggio 1985) in Studi Gregoriani XIII, LAS, Roma 1989, pp. 402 – 408.
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Le ricognizioni canoniche delle reliquie di San Gregorio VII.pdf