Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, l’Em.mo Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, in occasione della Giornata Mondiale della Pesca che si celebra domenica 21 novembre 2021:
La Giornata Mondiale della Pesca è stata celebrata per la prima volta nel 1998 dalle comunità di pescatori che hanno voluto richiamare l’attenzione sul modo di vivere nel settore della pesca, che impiega il numero maggiore di lavoratori e genera uno dei prodotti alimentari più trattati al mondo: il pesce.
Quando si parla di pesca e di pescatori, è un po’ come se ci avventurasse in un mare vasto e profondo come quello in cui navi da pesca di dimensioni e forme diverse, con pescatori di tutte le etnie e nazionalità, navigano senza sosta, cercando di riempire le reti per soddisfare l’appetito insaziabile del nostro mondo.
In questa Giornata Mondiale della Pesca, vogliamo soffermarci sul settore della pesca industriale/commerciale che, già da troppo tempo, è impigliato in una rete di difficoltà e sfide legate alle violazioni dei Diritti Umani in mare, le cui conseguenze sono state aggravate dalla pandemia di COVID-19 che ha reso ancor più problematica la vita dei pescatori e delle loro famiglie.
Nonostante i continui sforzi profusi dalle organizzazioni internazionali per implementare le diverse Convenzioni ed Accordi riguardanti le condizioni di lavoro, la sicurezza in mare e la pesca INN, dobbiamo ammettere che la maggior parte delle volte quando il peschereccio esce dalle acque calme del porto, i pescatori diventano ostaggi di circostanze estremamente difficili da monitorare. Questo perché si trovano a miglia e miglia dalla terraferma, e l’equipaggio è impossibilitato a sbarcare regolarmente in quanto il peschereccio non lascia la zona di pesca per mesi, se non anni.
Mentre si trovano nella zona di pesca, i pescatori subiscono minacce e intimidazioni da parte dello skipper e degli ufficiali, sono costretti a fare turni infiniti di giorno e di notte per pescare il più possibile, con qualsiasi condizione atmosferica. A causa del sovraffaticamento, frequenti sono gli infortuni sul lavoro. Con più di 24.000 morti in un anno, possiamo definire l’industria della pesca mortale. Poco o niente viene offerto come compensazione alle famiglie e ai parenti dei defunti; spesso essi non hanno neanche la consolazione di una tomba su cui pregare e deporre un fiore, perché i corpi vengono prontamente seppelliti in mare.
L’età media della flotta mondiale della pesca industriale supera i 20 anni e dovrebbe essere fonte di grande preoccupazione per i proprietari e i governi, soprattutto per quanto riguarda la questione della sicurezza. Le condizioni a bordo sono disumane, poiché le cucine e le dispense sono sporche, i serbatoi d’acqua arrugginiti, l’acqua potabile limitata, il cibo di scarsa qualità e inadeguato. Le cabine dell’equipaggio sono piccole, senza ventilazione e con poco spazio per muoversi. Andare in bagno, spesso, è un rischioso gioco di equilibrismo su due pezzi di legno che sporgono sul mare aperto.
A causa della mancanza di stock ittici nelle acque internazionali e delle Zone Economiche Esclusive (EEZ) sempre più in espansione, i pescherecci tendono a sconfinare nelle acque nazionali. Scoppiano così scontri armati con i militari che pattugliano i confini nazionali e, se catturati, la nave viene sequestrata, il pescato requisito, l’equipaggio rinchiuso in carcere e abbandonato in un paese straniero dall’armatore che si rifiuta di pagare i biglietti per il loro rimpatrio e il salario arretrato.
Gli stipendi non sono proporzionati al numero di ore lavorative svolte; il lavoro straordinario non viene pagato. Una parte del salario mensile viene trattenuto dal mediatore fino alla scadenza del contratto triennale. In questo modo i pescatori sono costretti a tacere e a non lamentarsi con l’autorità, se non vogliono perdere i risparmi che l’agenzia trattiene.
Per compensare il guadagno della pesca, ridotto a causa dell’intensa concorrenza di troppe flotte pescherecce che inseguono sempre meno pesce, proprietari di pescherecci senza scrupoli praticano la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) e altre attività criminali transnazionali, come la tratta di persone, la schiavitù, nonché il contrabbando di droga e armi.
Come Chiesa cattolica, riconosciamo alcuni miglioramenti nelle condizioni umane e lavorative dei pescatori; purtuttavia ci rendiamo conto che ci sono ancora troppe violazioni dei diritti umani in mare. Ancora una volta, ci appelliamo alle organizzazioni internazionali, ai governi, alle società civili, ai diversi attori della filiera della pesca e alle ONG affinché uniscano le loro forze per fermarle!
I problemi che affliggono il settore della pesca sono interconnessi. Se non concentriamo la nostra attenzione su questi continui abusi e violazioni in mare e non lavoriamo insieme per creare un’industria della pesca in cui i diritti umani e lavorativi dei pescatori siano garantiti e sostenuti, potrebbe diventare più difficile sradicarli e il costo umano ed economico sarebbe molto alto per l’industria.
Seguendo l’insegnamento del Vangelo e il Magistero della Chiesa cattolica, la Santa Sede ha sempre auspicato che “il rispetto di tali diritti [umani] è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese. Quando la dignità dell’uomo viene rispettata e i suoi diritti vengono riconosciuti e garantiti, fioriscono anche la creatività e l’intraprendenza e la personalità umana può dispiegare le sue molteplici iniziative a favore del bene comune” (Fratelli tutti, 22).
Invitiamo i cappellani e i volontari della Stella Maris a continuare la loro compassionevole missione di accogliere i pescatori riconoscendo nei loro volti il volto di Gesù Cristo sofferente, e fornire loro sostegno spirituale e materiale.
Come dice Papa Francesco in “Fratelli tutti”: “Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana” (68). In questa Giornata Mondiale della Pesca, la nostra indignazione per le numerose violazioni dei diritti umani in mare dovrebbe trasformarsi in una nuova forza che induca l’industria della pesca a porre al centro dei suoi interessi il rispetto dei diritti umani e lavorativi dei pescatori, perché, come ha detto Papa Francesco nel luglio 2019 ai partecipanti all’Incontro Europeo di Stella Maris, “…senza pescatori, molte parti del mondo morirebbero di fame”.
Cardinale Peter K. A. Turkson
Prefetto