Tra il 1504 e il 1506 fu reggente del Ducato, durante la campagna militare del duca Guidubaldo da Montefeltro in appoggio a papa Giulio II.
Ai doveri pastorali il Fregoso alternò un’intensa attività politico militare. Dal gennaio 1509 passò alla difesa di Bologna, minacciata dalle vicende della guerra contro Venezia; quindi, nel corso del 1510, collaborò ai falliti tentativi del fratello Ottaviano di sottrarre Genova al dominio di Luigi XII re di Francia.
Quando nel 1515 il doge Ottaviano decise di porre la città sotto la tutela del re di Francia Francesco I, disperando di poterla difendere, il Federico aderì lealmente alla svolta, ricevendo dal re di Francia cospicue pensioni.
Il mutamento di campo genovese irritò gli antichi alleati, cioè la Spagna, il duca di Milano e Leone X. La solida posizione del Fregoso alla corte di Roma gli permise nondimeno di superare l’ostilità del pontefice e gli valse, nell’estate 1516, il comando di una spedizione navale congiunta francese-pontificia-genovese, organizzata da papa Leone X per combattere i corsari barbareschi. Uno di questi, il Curtogoli (nome con il quale era chiamato in Europa il corsaro turco Kurtoğlu Muslihiddin Reis) aveva ripetutamente saccheggiato i centri costieri della Liguria, della Toscana, del Lazio e della Puglia e sequestrato numerose navi, depredandone i carichi e uccidendo o riducendo in schiavitù gli equipaggi.
Questa impresa ne accrebbe il prestigio in patria. Fu vicegovernatore, sostituendo spesso Ottaviano malato. La ripresa delle lotte per il predominio in Italia, seguita all’elezione imperiale di Carlo V, diede un primo scossone alla fortuna politica dei Fregoso. Infatti, nel giugno 1521, dopo la stipulazione di una lega tra il papa e l’imperatore, gli Spagnoli tentarono di sorprendere la città dal mare. Federico assunse il comando della flotta e, affrontati i nemici di fronte a Chiavari, li respinse. Come ritorsione l’arcivescovo perse, nell’agosto 1521, le rendite della diocesi salernitana, che aveva goduto a partire dal 1513.
Nel 1522 l’imperatore Carlo V assediò la città. Federigo Fregoso, che organizzava la difesa, rimase ferito nei combattimenti. Quando gli spagnoli occuparono la città, imprigionando Ottaviano, Federigo fu costretto alla fuga su una nave francese. Dopo alterni successi legati al controllo di Genova da parte dell’impero e dei francesi, che videro protagonista il Fregoso, la riconquista della città nel 1528, per parte imperiale, di Andrea Doria, che dichiarò il bando delle antiche fazioni, deluse definitivamente le attese del Fregoso.
Tornato in Francia nel 1531 fu a Venezia dove fu proposto dalle autorità veneziane come mediatore tra la Repubblica e la casa d’Austria per questioni territoriali.
La fama di prelato zelante conquistata dal Fregoso ne provocò il diretto coinvolgimento nei progetti di riforma della Chiesa e della Curia romana patrocinati da Paolo III, soprattutto a partire dalla nomina di Gasparo Contarini a cardinale nel maggio 1535. Nel luglio 1536, richiamato nella Santa Sede, fu eletto membro della commissione incaricata di preparare un programma da sottoporre al futuro concilio di Mantova. Le riunioni, protrattesi per tutto l’inverno 1536-37, sfociarono nel Consilium de emendanda Ecclesia, documento dai toni aspri che richiamava la necessità di una riforma della Curia, presentato a Paolo III il 9 marzo 1537 quando il Fregoso era già rientrato in sede.
L’arcivescovo divenne uomo di punta del movimento “spirituale” e su di lui, oltre che sul Contarini, si concentravano le attese di alcune frange del mondo riformato che ritenevano ancora possibile un accordo con la Sede apostolica.